VILLA DEI VESCOVI

Intervista al Professor Patrizio Giulini

«So di una richiesta ufficiale al FAI di dimissioni del vicepresidente Marco Magnifico. Spero che quanto prima nel FAI cadano alcune teste.
E la Soprintendenza non può illudersi anche questa volta che tutto e tutti tacciano.
Luciani ci raggela nel descrivere la sua bozza di progetto: "Il FAI “ha bisogno” di una superficie di circa 400 metri quadri per potenziare le attività culturali della villa", ma non dice: il FAI se ne frega della corte, anche se è giardino storico. Ma perché il FAI chiede un obbrobrio del genere, conscio, spero, che la cosa
non passerà facilmente, e che gli costerà in immagine, soprattutto ora, dopo il terremoto creato da Donna D'Olcese de Cesare?

Posso definirlo in un solo modo: arrogante, e incosciente come un bambino ... ma molto giovane.
La smetta l'architetto Muratori (FAI Padova), cogliendo il destro datogli da Sandon, di minimizzare la cementificazione. La cementificazione ci sarà.»
La disinformazione faziosa de il Mattino di Padova o, peggio, cronista disinformato?
La lettera di Giuliana D'Olcese al direttore de il Mattino di Padova, Omar Monastier
«Mi permetto di far osservare che tale pronunciamento, proprio in qualità di progettista dell'opera, l'architetto Domenico Luciani è l'ultima persona a potersi pronunciare. Si configura, quindi, un vero e proprio "conflitto di competenza"»

 

Il "padre" dei giornali telematici, Virusilgiornaleonline.com, intervista il Professor Patrizio Giulini già membro del Comitato tecnico scientifico dell'Orto botanico di Padova, il primo Orto Botanico rinascimentale universitario del Mondo e patrimonio dell’UNESCO, membro del Comitato Nazionale per i Giardini storici del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Consulente per conto del Ministero della gestione del Giardino Inglese del Palazzo Reale di Caserta e per la Soprintendenza regionale del Piemonte e per la Regione Piemonte per i restauri del Real Parco del Castello di Racconigi, del Giardino Reale di Torino e dei Giardini di Venaria Reale, Vice Presidente Commissione cultura e Consigliere comunale (area liberal) nel primo Governo Zanonato 1991 - 1995.

 

Patrizio Giulini è un fiume in piena....
Professor Giulini com'è che si è ritrovato nel bel mezzo dell'"Affaire brolo di Villa dei Vescovi"?
Ecco, lo devo al caso e all'amicizia che mi lega al Professor Pisani, Presidente della Commissione Cultura del Comune di Padova, e all'amicizia, trentennale ormai, con l'architetto Bagatti Valsecchi, membro del Consiglio di Amministrazione del FAI. Infatti, dopo essere intervenuto incredulo a questo caso, davvero anomalo, dal quale ho raccolto molte sorprese e delusioni (una caduta degli dei!) con anche “inviti a lasciar perdere” perché il FAI è potente..., sono stato invitato da Pierfausto Bagatti Valsecchi alla riunione tenutasi il 6 luglio scorso proprio nel cuore del problema, "il ‘brolodello scandalo”.
Per la verità non lo chiamerei brolo, ma corte d’onore: infatti, l’accezione storica, medievale e rinascimentale, della parola brolo in realtà comprende, come in numerosissimi altri casi veneti, tutta la proprietà del Vescovo Pisani “cinta de muro”, da intendersi, quindi l’intera area della villa, pertinenze, coltivi, vigneti e peschiera.
Il brolo di Donna Giuliana Olcese de Cesare era, comunque storicamente più corretto di parterre come definito dal FAI, questa parola infatti nacque in Francia almeno 100 anni dopo la Villa dei Vescovi.
Da quando l’ingresso alla Villa fu posto sul suo lato occidentale quella superficie di forma quasi quadrata, veniva considerata “la corte d’onore” e per questa ragione fu cintata da un alto merletto in cotto e sul piano furono disegnati i due assi perpendicolari, uno da ovest d’accesso verso la Villa e l’altro di collegamento con le pertinenze verso sud e con il belvedere verso nord, un belvedere che permetteva di ammirare a qualunque ora del giorno l’incantevole paesaggio euganeo.
Bagatti Valsecchi sapeva che ho preso le parti della Signora Giuliana D'Olcese de Cesare, committente con l'ex marito, il conte Vittorio Olcese, del restauro conservativo della corte tra il 1962 e la fine del 64, tuttavia, conoscendomi, sapeva che avrei preferito stare con il FAI che con la de Cesare se fosse stato nel vero il FAI e non la de Cesare! Sapeva Bagatti che stimo il FAI e che, in ogni caso, tengo prima di tutto alla correttezza del restauro, preoccupato che i posteri non perdano nessun segno di quel bene prodigioso e contestato fin dalla sua realizzazione e che ora sembra essere contestato anche nella paternità del progetto, ma questo va al di là delle mie competenze.

 

E' importante Professore che lei accenni alle ragioni dellincontro e a chi furono i principali partecipanti
A onor del vero, conoscevo poco più della metà degli intervenuti, altri mi sono stati presentati, gran parte esperti con svariate competenze, numerosi gli architetti, gli ingegneri e gli storici dell’arte, un unico esperto di piante, il sottoscritto. Molti rappresentavano le Associazioni: Italia Nostra (architetto Panajotti), Comitato Mura di Padova (architetto Dal Piaz), Comitato Difesa Colli Euganei (ingegner Sandon), alcuni erano cittadini di Torreglia e della frazione di Luvigliano, poi, ovviamente, l’architetto Luciani, i numerosi esperti che hanno operato il restauro della Villa e i vertici locali e nazionali del FAI.

 

Scusi, lingegner Sandon, non è il fondatore del Comitato di Difesa Colli Euganei che, poi, ha pubblicato un articolo che definiva la vicenda una tempesta in un bicchier dacqua?
Esattamente lui. Durante la riunione è intervenuto in perfetto allineamento con Italia Nostra, Comitato Mura e me stesso. Sandon, e non solo lui, ha un’acredine condivisa per la classe politica, in passato quasi sempre assente o peggio, impattante. Ma perché sfogarla la volta in cui un “politico” esprime pareri illuminati?
Nei confronti poi di Giuliano Pisani, una persona assai più di cultura che politicante! Confesso che l’articolo ci ha lasciati più che mai perplessi. Non so dire le ragioni per cui l’abbia scritto. Per carità anch’io ritengo che sia stato un “avvenimento” in un “bicchier d’acqua”, ma quel bicchiere è ancora oggi una vasca, un lago e, più che di un temporale, è un vero uragano culturale. In questo momento questa calma è determinata dall’occhio del ciclone. Il primo passaggio dell’uragano è stato poco dannoso per il FAI solo per i dico, non dico, nego e rinnego del dottor Magnifico (egli confonde il suo cognome con l’Altissimo), ma penso che il ballo riprenderà non appena verrà presentato il progetto.
Se la situazione si è dimostrata così “poco conflittuale” è stato solo, e ripeto, per quella serie di precipitosi dietrofront e distinguo del FAI, nella persona del Magnifico, appunto, che definirei una persona politicamente pavida.
Resta la domanda del perché (uno dei tanti miei perché?), se nulla era stato ancora progettato, il FAI ci abbia convocati. Perché chiedere la nostra opinione sugli “interessi anticulturali” del FAI? Probabilmente ling.Sandon si prosterna al FAI, potrebbe esserne un tesserato indipendentemente dalle ragioni del contendere.
Io amo il FAI e non accetto che in suo nome chicchessia, eletto correttamente o di straforo dai soci, chieda alle autorità soluzioni di devastante o quanto meno inutile compromesso in violazione delle leggi. Anche l'articolo di Sandon mi rimane fra gli infiniti “perché” di questa vicenda. E' come se glielo avessero chiesto con insistenza: risponda lei stesso che prende appunti o chi legge: chi possa essere costui! Cui prodest? È chiaro che verrò accusato di processo alle intenzioni, ma mi stupisce e mi addolora non solo il voltafaccia di Sandon, ma, con la sua competenza, questa sua posizione decisamente ottusa e documentabilmente anticulturale.

 

Lei pensa che il FAI sia colpevole?
Gli attuali organi dirigenziali del FAI sono certo incoscientemente colpevoli, è per questo che vengono invocate le dimissioni del dottor Magnifico.
Per quanto mi riguarda proporrei di dimettere anche chi lo lascia scorrazzare nella tonnara, lui che tonno non è. Nessuno vuole la soppressione del FAI. L’Italia ne ha un bisogno disperato, più bisogno del FAI che di un governo stabile, solo che il FAI lo vorremmo un po’ più … democratico e trasparente con uno statuto che riconosca il dialogo e la critica, non consenta il silenzio e l’ostracismo dei vertici: sono esattamente queste le ragioni per cui abbiamo mandato a casa i Savoia. E se li avessimo lasciati fuori dalla porta nel 1861 non sarebbe sopravvissuta l’arroganza sfrontata e sabauda di oggi!

 

Professor Giulini, lei che era presente ci descriva la riunione
L’architetto Luciani aveva approntato disegni, fotografie e tabelloni sotto la volta occidentale dell’alto portico da cui si domina la fulgente corte d’onore, splendida per la sua cinta muraria: un merletto di cotto, altissimo e ancora perfetto, malgrado i secoli. La corte, pur ingombra di container per gli uffici e le attrezzature per il restauro della Villa, conserva il fascino della sua storia stratificata ma sempre leggibile con il classico, fiero e un po’ arrogante segno geometrico del patriziato veneziano.
Tre grandi alberi, ormai storici, e che io ricordo perfettamente per una “visita” di 50 anni fa la occupano rendendola meno architettonica, ma più viva e umana: un pino nero austriaco, l’unico sofferente fra le tre piante, con rami secchi e aghi ingialliti, come è documentatamente prevedibile in un habitat euganeo dove certe conifere campano male, ma lasciandovele, continuano a campare. Per fortuna non è infestato anche dalla processionaria.
Gli altri due, un cedro e un tasso, prosperano bene, l’uno piuttosto vicino alla cinta settentrionale, l’altro imponente nei pressi del pozzo. Sono i tre superstiti di uno dei tanti “rimaneggiamenti” in funzione delle mode, quando ancora non esistevano le leggi di tutela. Queste tre piante sono le superstiti di un “giardino romantico, meglio, all’inglese”, risalente alla seconda metà dell’Ottocento, un giardino alla Francesco Bacone, “libero e naturale” anche se piccolo e imprigionato tra quattro mura.
Ma prima del cancello d’ingresso alla villa ben peggio è lo squallido guazzabuglio botanico degli ultimi decenni. Gli assi colleganti il cancello e quello perpendicolare connesso con le scuderie e il fulgente belvedere di settentrione con acciottolati in sasso di fiume - come una volta tutte le strade di Padova - restaurati tra il 1962 e la fine del 1964 da Vittorio e Giuliana Olcese, io, ma non solo io, ne ricordiamo negli anni ’60 sotto i piedi la presenza di lacerti - sotto erbacce di un metro - a sottolineare la correttezza del restauro di Giuliana e Vittorio Olcese.
Eccetto i due assi, acciottolati da chissà quanto, l’intera corte è di circa 1500 metri quadri di prato, semplice, verdognolo, malgrado la stagione, non irrigato, ne' gestito, calpestabile e calpestato in questo periodo non solo dalle persone, arido che di più non si può, eppure prevalentemente in buono stato con piante erbacee selezionate nel tempo, come un campo di calcio (prevalentemente composto dalle graminacee più resistenti e coriacee e dalle infestanti sopravvenute). Certamente da almeno due anni annaffiate solo dal padre degli Dei.

 

Le dispiacerebbe approfondire quanto ha accennato poco fa a proposito dei dietrofront del dottor Magnifico, vicepresidente esecutivo del FAI?
Egli ha esordito confessando di aver fatto una serie di errori (ma non se n’è neppure vergognato), con le sue numerose comunicazioni a mezzo Notiziari FAI, e su stampa nazionale e internet, e con le relative smentite causate dalle pubbliche contestazioni di Donna Giuliana D'Olcese de Cesare, prima coniuge del conte Vittorio Olcese e, quanto meno, testimone di come e di cosa trovarono nel 1962 al momento dell’acquisto della Villa.
Questo primo atto di contrizione del Magnifico ha indotto i presenti a non infierire: la preda si è proposta “per male in arnese” e i cavallereschi “cani” hanno rinviato correttamente l’incontro “a guarigione avvenuta”.
A questo proposito ho saputo di una richiesta ufficiale al FAI per ottenere le dimissioni del dottor Magnifico e spero che quanto prima nel FAI cadano alcune teste e venga eletto un nuovo direttivo degno della sua storia. Quanto prima si farà questa operazione, tanto prima questa straordinaria prodigiosa struttura indispensabile all’Italia e agli Italiani potrà riprendere la sua gloriosa e generosa marcia. Di solito tutte le Associazioni posseggono un Consiglio dei Probiviri, quindi, ritengo che sarebbe l’occasione per scomodarlo per le figuracce e le ciarle imprudenti pubblicate. Lo scontro con Donna Giuliana D'Olcese andava stroncato sul nascere convocandola e chiarendosi con lei. Se il FAI avesse ridotto l’alterigia che lo distingue, si sarebbero accorti che è una “teste molto informata sui fatti” e che ha vissuto in prima persona il restauro degli anni ‘960. Chi semina vento

 

Che ne pensa della relazione dell’Architetto Luciani?
L’architetto Luciani ha illustrato con meticolosità lo studio storico sul “brolo” (si intenda l’intera proprietà) e ha trovato la stima e l’approvazione di tutti, di Italia Nostra, del Comitato Mura, del sottoscritto ma anche di Sandon. Raggela tutti, però, quando egli descrive la sua bozza di progetto. Spiega che il Fai “ha bisogno” di una superficie quadrata di circa 400 metri per potenziare le attività culturali della villa. 400 metri su cui far accomodare il pubblico per spettacoli di commedia e musicali rivolti a un turismo internazionale, qualificato.
Il FAI, meglio i suoi attuali "geni", vorrebbero una superficie lastricata calato stabilmente con un lato contro la base della villa che andrebbe a coprire una buona parte dell’asse d’accesso principale ancora leggibile perfettamente e riportato nei documenti di Andrea da Valle, e simmetricamente, su una porzione dei due riquadri a prato. Luciani non accenna assolutamente a un “compromesso” costituito da un impiantito posticcio da collocare durante l’estate per le manifestazioni (soluzione adottata in Italia e all’estero in tanti spazi storici). Nel frattempo il FAI ha comunicato che il materiale di pavimentazione non sarà più la trachite (pietra vulcanica locale degli Euganei) ma “arenaria locale” (un materiale meno duraturo e assai meno tradizionale per il Veneto. Altro cambio di rotta per disorientarci?
Oppure uno dei soliti svarioni del Magnifico che, forse, pensa che tutte le pietre siano di pietra…

 

Scusi se la interrompo, ma un committente può chiedere al proprio architetto di commettere irregolarità?
Vediamo tutti i giorni cose incredibili, dipende dalle possibilità economiche del committente privato e dalla “flessibilità” del progettista: chiedere è lecito pretendere no!
Ma, dalle parole di Luciani il FAI lo pretenderebbe. Come si può chiedere a un professionista del calibro di Luciani di scendere a un così meschino inutile compromesso. Un committente privato qualsiasi (non il FAI, però!) ha il diritto di chiedere al suo progettista delle “irregolarità” per ragioni personali e il progettista ha la “libertà” di aderire o meno a questi compromessi. Saranno altri a giudicare gli uni e l’altro. Ma perché il FAI chiede un obbrobrio del genere, conscio, spero, che la cosa non passerà facilmente, e che gli costerà comunque in fatto di immagine, soprattutto ora, dopo il terremoto creato, legittimamente e giustamente, da Donna Giuliana?
Posso definirlo in un solo modo: arrogante, e incosciente come un bambino… ma molto giovane.

 

Ma del progetto?
A noi, ammesso che il progetto esista già, il 6 luglio non è stato mostrato e, forse neppure alla soprintendente per il Veneto orientale che per quanto riguarda la platea sembra disposta a mercanteggiarne la superficie, mentre sembra trascurarne la forma e la posizione rispetto al contesto storico. Il 6 luglio scorso abbiamo, però, intuito questo strano rapporto, tra il FAI e Luciani. Un rapporto di fiducia giustissimo tra il committente e il suo progettista. Noi siamo stati solo “invitati” a … constatare: quasi un ricatto. Comunque noi (intendo gli invitati) non possiamo accettare uno stravolgimento oggi, a trent’anni dalla Carta internazionale di Firenze: uno stravolgimento che, pur potendo, non lo fecero neppure prima del ‘970 gli Olcese, che certo di cultura veneta non erano. Lombardo lui, napoletana lei!
Comunque il percorso per l’approvazione è lungo e sono ancora molti gli scogli, anche grossi, che il FAI dovrà superare prima di avviare la realizzazione del suo “lastricato” di “pietra locale”. Ricordo che già alcuni anni fa fu eseguita un’opera lirica in questo luogo che di notte è ancor più affascinante che di giorno, e la seguimmo con perfetto piacere (a parte l’orologio della parrocchiale): l’erba è il migliore supporto per garantire la “pulizia e la limpidezza del suono”.
Spero che il FAI non sia così stupidamente caparbio da cementificare per poi rendersi conto dell’errore. E quelle lastre di “qualcosa” firmate da acquirenti tanto generosi quanto snob, potranno essere impiegate altrove e meglio senza dover grattar via la colla da sotto ed eliminare la gettata su cui saranno posate!
La smetta l’architetto Muratori (FAI Padova), cogliendo il destro datogli da Sandon, di minimizzare la cementificazione. La cementificazione ci sarà. Cementificazione per una superficie che, pur a ridosso della Villa dei Vescovi, mai - sottolineo mai dalla comparsa di questa crosta terrestre - è stata ricoperta se non di erba e di ciottoli stesi su un letto di sabbia. Muratori, con quel cognome è chiaro che di natura non se ne intende poi molto, anche quando lo vediamo cercar crepe su un muro dopo un po’ po’ di colpo di vento: la pericolosità del cedro si vede da fuori e in basso dove gli apparati radicali potrebbero passare sotto le fondazioni indebolendole.

 

Ma…..
La prego non mi chieda di più. Nella cistifellea mi sono rimasti tanti, perché? Perché Marco Magnifico ha dovuto giustificare tante idee e tanti ripensamenti?
Forse altri alle sue spalle opera e ci ripensa e lascia a lui le figuracce? Perché lastricare inutilmente per spettacoli? (sulla pietra liscia le poltroncine di plastica vanno in pezzi, l’ho già sperimentato al Castello del Catajo). Se il FAI pensa a cene, pranzi e matrimoni con catering sponsorizzato dal FAI, o da quanti privati hanno contribuito al restauro, perché non dirlo? Perché si scrive e si dice che Villa dei Vescovi non sia stata donata al FAI dagli eredi di Vittorio Olcese ma che il FAI l'ha acquistata?
Perché in pieno agosto il FAI di Padova sfrutta una lettera sul Gazzettino, per poi dire sul Mattino di Padova un mare di idiozie, citandomi senza citare il contesto della mia valutazione, e senza citare le ragioni che non mi vedevano contrario al lavoro sulla Villa, ma solo a quella vera porcata proposta?
Come diceva Andreotti: è peccato pensar male, ma molte volte ci si azzecca. Comunque il partito del “non fai” per la corte d’onore a Villa dei Vescovi ha unito persone che in passato non si conoscevano e a loro dico: il 6 luglio abbiamo detto in tanti e a chiare lettere al FAI e all’architetto Luciani ciò che ci piace e ciò che non ci piace e avremo ancora tempo per contribuire a non stravolgere i segni storici. Da una parte la serie di approvazioni dei Beni Culturali. Soprintendenza, Direzione regionale, Ministero. La Soprintendenza non può illudersi anche questa volta che tutto e tutti tacciano.
Dall’altra le approvazioni (cultura e paesaggio) comunali, provinciali e regionali e, tra queste ci sono alcuni che hanno già il dente avvelenato per il pachidermico e presuntuoso modo di muoversi del FAI di oggi. Poi, non dimentichiamolo, l’ing.Sandon non è tutto l’Ente Parco Colli. Troppe teste da convincere se manca la necessaria trasparenza e fiducia nelle buone ragioni. Per l’affetto che nutro per l’Istituzione FAI spero che, chi sa leggere, legga attentamente, come sa l’amico e collega Bagatti Valsecchi. Io non minaccio mai, io, come Cassandra, vedo lontano e invoco la presenza di un direttivo vigile e prudente. Sarebbe davvero un peccato bollare il restauro di Villa dei Vescovi solo per una assurda e inutile leggerezza: una goccia di liquido organico inquina migliaia di metri cubi di limpida acqua.
Villa dei Vescovi brolo News
Virusilgiornaleonline
http://www.virusilgiornaleonline.com

 

QUANDO SI DICE L'"INFORMAZIONE"...

da il Mattino di Padova 3 Agosto 2010 pagina 23 sezione: PROVINCIA

Sandon, sì alla corte di Villa Vescovi

TORREGLIA. Una corte di 1.500 metri quadri scambiata per il brolo di 6 ettari, una sistemazione ornamentale del 1963 (ispirata a uno schizzo del 1697) scambiata per progetto originario, l’accorpamento dei 378 metri quadri di superficie in ciottolo del Brenta in una nuova pavimentazione in trachite da 400 metri quadri (sui 1.500 complessivi) per eventi culturali scambiata per una «cementificazione».
La rabbia di Muratori.
C’è voluto più di un mese a far sbollire la rabbia di Giulio Muratori, delegato provinciale del Fai. Aveva anche giurato l’architetto, d’accordo con i suoi iscritti, di chiudersi in un silenzio stampa, perchè, a suo dire, erano così tante e madornali le inesattezze storiche dette da più parti a proposito dell’intervento in fase di studio sulla corte di Villa dei Vescovi (impropriamente chiamata brolo) da ritenere inutile un’ulteriore precisazione.
L’appoggio di Sandon.
A togliere il tappo alla sua vis polemica ci ha pensato Gianni Sandon, consigliere dell’Ente Parco Colli Euganei nonchè fondatore e presidente dei Comitati per la difesa dei Colli Euganei, che con una lettera aperta, scritta di sua sponte, non solo ha confermato la liceità del percorso seguito nei restauri dal Fai, ma ha anche aggiunto che quello che si sta facendo a Villa dei Vescovi è l’intervento «più entusiasmante» fra quelli in atto sui Colli Euganei, portato avanti «con grande scrupolo, alla luce del sole e con uno sforzo che di questi tempi non si può che definire “eroico” per trovare le ingenti risorse che servono».
Lavori quasi ultimati.
La «benedizione» di Sandon all’intervento sulla corte sembra aver galvanizzato il Fai, che a settembre finalmente potrà godersi il raggiungimento di due risultati.
Il primo è la conclusione dei lavori edili, che prelude all’inizio dell’arredamento della villa in vista dell’apertura al pubblico prevista nella primavera del 2011.
Il secondo è, appunto, l’atteso pronunciamento della Soprintendente Sabina Ferrari sull’ipotesi di sistemazione della corte che l’architetto Domenico Luciani, già direttore della Fondazione Benetton Studi e ricerche e ora coordinatore del Comitato scientifico consultivo per gli studi e le ricerche del paesaggio e del giardino della medesima fondazione, ha già espresso in qualità di progettista dell’opera.
L’ipotesi contestata.
Era stata questa a inizio estate a scatenare la furibonda polemica, alimentata dalle critiche espresse dalle commissioni cultura della Provincia e del Comune di Padova (presidenti Menorello e Pisani). Vicenda di veleni che Sandon ha definito «surreale» e da cui Muratori prende spunto per invitare le due commissioni a interrogarsi piuttosto sull’opportunità di creare un nuovo sistema turistico territoriale, magari dedicato proprio alle ville, da realizzare sui Colli Euganei per valorizzare altri beni culturali. Creare un percorso, insomma, da proporre ai trentamila visitatori all’anno che dalla prossima primavera si recheranno a Villa dei Vescovi. Un potenziale da sfruttare.
Piante da abbattere.
Ma torniamo alla corte contesa. Il Fai ha già incassato il sì del professor Patrizio Giulini (in realtà quest'affermazione non è del tutto esatta, in quanto - come da precisazione del Prof. Giulini - il concetto è stato estrapolato da una discussione più ampia, fatta in tutt'altro contesto, ndr) per l’abbattimento di tre dei quattro grandi alberi (sarà conservato solo il tasso) che minacciano le mura e il portale della villa appena restaurati: un Pinus pinea (in volgare pino da pinoli), Pinus nigra (in volgare pino austriaco) e il gigantesco cedrus deodara che la settimana scorsa, per effetto della tromba d’aria, ha perso un grosso ramo, caduto rovinosamente sulla nuova grondaia del portale.
«Le radici di queste piante hanno già prodotto crepe sulle mura - dice Muratori - anche la soprintendente vorrebbe vedere l’area liberata da queste piante, prima di deciderne la sistemazione. La bozza di progetto proposta rispecchia oltre alla fedeltà all’impianto su assi ortogonali, anche la necessità di un utilizzo della corte per manifestazioni culturali aperte a un vasto pubblico e legate alla tradizione teatrale e musicale veneta, eventi che gli interni della villa - conclude il delegato Fai - non possono ospitare per ragioni sia di conservazione che di spazio».   - Renato Malaman

 

La lettera di Giuliana D'Olcese al direttore de il Mattino di Padova, Omar Monastier

 LA LETTERA
al direttore de il Mattino di Padova, Omar Monastier

 

Martedì 3 Luglio 2010
Gentile Direttore,
scrivo in qualità di ex proprietaria di Villa dei Vescovi che assieme all'ex marito Vittorio Olcese ne volle e ne seguì passo passo il progetto di restauro ed anche la realizzazione. Quindi, come conoscitrice di quanto avvenuto, le chiedo gentile pubblicazione.
Circa il progetto del FAI sull'antico brolo di Villa dei Vescovi, progetto ancora non ufficiale bensì, come ha dichiarato lo stesso FAI - e riportato anche dal quotidiano da lei diretto - "idea di progetto" proposto verbalmente e non ancora presentato, quindi non verificabile ne' approvato dalla Sovraintendenza, onde evitare nel futuro delle cronache padovane, venete e nazionali notizie approssimative, o non corrispondenti al vero, urge fare chiarezza.
Mi riferisco anche agli ultimi due articoli pubblicati sul suo giornale il 3 Agosto, pagina 23, a firma Renato Malaman l'uno, Gianni Sandon, il secondo.
A Gianni Sandon, dato che è lo stesso articolo che da tre settimane gira su vari giornali, ha già risposto il Presidente della Commissione Cultura del Comune di Padova, il Professor Giuliano Pisani. Ed ho risposto io, come è mia precisa regola, cioè con dovizia di documentazioni, di immagini e di foto, sui siti internet di Villa dei Vescovi e sui tre spazi aperti su Facebook come Salviamo il brolo di Villa dei Vescovi.
Documentazione da cui è impossibile sfuggire se, appunto, Malaman e Sandon procedono approssimativamente, o pochissimo documentati, riportando notizie a dir poco lunari. Peccato, perchè appaiono chiarissime le confusioni tra i ben, invece, distinti argomenti, e le date storiche, mentre appaiono ineluttabili e incontrovertibili la documentazione e le date reali, storiche, pubblicate sui sei siti internet riferiti a Villa dei Vescovi ed al FAI.
Non temo la disinformazione su quel "sulla corte impropriamente chiamata brolo"(!) - scrive il cronista - ne' temo "la rabbia di Giulio Muratori delegato FAI di Padova", in quanto, punto primo, chiunque può recarsi alla Curia di Padova e visionare la pianta del XVII secolo, pianta dalla quale appare lampante il brolo originario di Andrea da Valle.
Ed è in mala fede, o peggio disinformato, chi sostiene che "la nuova pavimentazione di 400 metri sui 1500 complessivi scambiata per una "cementificazione" si riferisca all'ultimissima "idea di progetto" del FAI: Si riferisce, invece, al progetto di Domenico Luciani presentato per ben sette mesi dal FAI sui Notiziari trimestrali cartacei sotto la supervisione editoriale del vicepresidente Marco Magnifico. Progetto dal quale il FAI ha dovuto retrocedere stante le proteste di istituzioni e cittadini patavini, veneti, italiani, stranieri.
FAI che, proprio su quel progetto, ha piazzato finora oltre 200 pietre di trachite - che oggi chiama "pietre di arenaria locale" - ad altrettanti soci. E ciò senza il progetto sia ne' ufficializzato ne' approvato dalla Sovrintendenza. Pietre che il FAI continua a piazzare sul suo sito internet, ancora oggi.
"Errori e ingenuità del passato" quindi perseverare e continuare, dopo nove mesi, ancora oggi negli "errori" e nelle "ingenuità" del passato? Suvvia direttore...
In quanto al fatto che "a settembre finalmente il FAI - scrive il cronista - potrà godersi il raggiungimento di due risultati. Il secondo è, appunto, l'atteso pronunciamento della soprintendente Sabina Ferrari sull'ipotesi di sistemazione della corte che l'architetto Domenico Luciani ha già espresso in qualità di progettista dell'opera", mi permetto di far osservare che tale pronunciamento, proprio in qualità di progettista dell'opera, l'architetto Domenico Luciani è l'ultima persona a potersi pronunciare. Si configura, quindi, un vero e proprio "conflitto di competenza".
Giuliana D'Olcese de Cesare
Villa dei Vescovi

 

da il Mattino di Padova 3 Agosto 2010 pagina 23 sezione: PROVINCIA
Ma dove la vedono la cementificazione?
Restauro entusiasmante e scrupoloso

C'è un che di surreale in questa vicenda. A mia memoria (quarantennale!) non è mai successo che di quel che avviene sui Colli si siano contemporaneamente interessate nientemeno che le due commissioni cultura del Comune di Padova e della Provincia. Per quale misfatto poi?
Per una “normale” disputa, sicuramente interessante, ma altrettanto sicuramente “accademica” e circoscritta, relativa alla sistemazione non del brolo ma della corte antistante la villa. Se sollevare obiezioni e critiche su questo o su altri aspetti progettuali è più che legittimo, sentir parlare in termini apocalittici e scandalizzati di “cementificazione” o peggio, è davvero sconcertante.
Il vero scandalo non è il fatto denunciato, ma l'approccio di queste due prestigiose commissioni a un progetto che nel suo insieme si presenta, proprio sotto l'aspetto autenticamente culturale, come il più entusiasmante in atto sui Colli: il passaggio dall'uso privato a quello pubblico di uno dei beni più preziosi dell'intera area parco. Con una operazione condotta dal FAI magari con errori e ingenuità, ma sicuramente con grande scrupolo, alla luce del sole, e con uno sforzo che di questi tempi non si può che definire “eroicoper trovare le ingenti risorse che servono.
Ma c'è di più.
Con i 20/30.000 motivati visitatori annui che la villa restaurata attirerà si apriranno concrete prospettive per immettere in un virtuoso circuito di valorizzazione anche tanti altri beni della nostra zona. Invece che lavorare con idee e iniziative per concretizzare queste opportunità le due commissioni cultura, ma forse sarebbe meglio dire i loro presidenti, non trovano altro di più produttivo da fare che atteggiarsi a improvvisati salvatori non si capisce di quale patria.
L'occasione però è buona almeno per rinfacciare loro i sistematici silenzi sui tanti veri misfatti che stanno avvenendo sui Colli, come i tentativi di assaltare l'area attorno villa Selvatico o quella davanti la casa del Petrarca (proprietà del comune di Padova). O come lo “stupro” del colle della Rocca, visto oltretutto che questo bene è affidato alla gestione di una società di cui fa parte la stessa Provincia.
Gianni Sandon - Consigliere Ente Parco Colli Euganei

 

da il Gazzettino del 17 luglio pag. 31

Due Commissioni … per un falso problema!

C'è un che di surreale in questa vicenda. A mia memoria (quarantennale!) non è mai successo che di quel che avviene sui Colli si siano contemporaneamente interessate nientemeno che le due commissioni cultura del Comune di Padova e della Provincia. Per quale misfatto poi?
Per una “normale” disputa, sicuramente interessante, ma altrettanto sicuramente “accademica” e circoscritta, relativa alla sistemazione non del brolo ma della corte antistante la villa. Se sollevare obiezioni e critiche su questo o su altri aspetti progettuali è più che legittimo, sentir parlare in termini apocalittici e scandalizzati di “cementificazione” o peggio, è davvero sconcertante.
Il vero scandalo non è il fatto denunciato, ma l'approccio di queste due prestigiose commissioni a un progetto che nel suo insieme si presenta, proprio sotto l'aspetto autenticamente culturale, come il più entusiasmante in atto sui Colli: il passaggio dall'uso privato a quello pubblico di uno dei beni più preziosi dell'intera area parco. Con una operazione condotta dal FAI magari con errori e ingenuità, ma sicuramente con grande scrupolo, alla luce del sole, e con uno sforzo che di questi tempi non si può che definire “eroicoper trovare le ingenti risorse che servono.
Ma c'è di più.
Con i 20/30.000 motivati visitatori annui che la villa restaurata attirerà si apriranno concrete prospettive per immettere in un virtuoso circuito di valorizzazione anche tanti altri beni della nostra zona. Invece che lavorare con idee e iniziative per concretizzare queste opportunità le due commissioni cultura, ma forse sarebbe meglio dire i loro presidenti, non trovano altro di più produttivo da fare che atteggiarsi a improvvisati salvatori non si capisce di quale patria.
L'occasione però è buona almeno per rinfacciare loro i sistematici silenzi sui tanti veri misfatti che stanno avvenendo sui Colli, come i tentativi di assaltare l'area attorno villa Selvatico o quella davanti la casa del Petrarca (proprietà del comune di Padova). O come lo “stupro” del colle della Rocca, visto oltretutto che questo bene è affidato alla gestione di una società di cui fa parte la stessa Provincia.
Gianni Sandon - Consigliere Ente Parco Colli Euganei

VILLA DEI VESCOVI

 

 

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