VILLA DEI VESCOVI

Omaggio all'amico Testori

 Miseria e Splendore della carne
Da Caravaggio a Giacometti a Bacon
Testori e la grande pittura europea

 

 

 

 Museo d'Arte della città di Ravenna
18 Febbraio - 16 Giugno 2012
Vernice per la stampa 18 Febbraio dalle ore 11 alle 15 - Inaugurazione ore 18

 

«'Giovanni Testori una vita appassionata' recitava il titolo di un volumetto dedicato allo scrittore, drammaturgo, pittore, storico e critico d'arte nato a Novate, alla periferia di Milano, nel 1923 e scomparso nel 1993. Un interprete 'emotivo' dell'arte antica e moderna, colta anche nella più flagrante attualità. Un intellettuale discusso, che ha suscitato scandalo per la cultura del suo tempo, non molto diversamente da Pasolini.
Con Testori il Mar Museo d'Arte della città di Ravenna prosegue la sua indagine su figure di primo piano della Storia e della critica d'arte.
'Miseria e splendore della carne Testori e la grande pittura europea' ripercorre cinque secoli di vicende artistiche, dalla fine del Quattrocento ai giorni nostri, restituendo la complessa vicenda critica di Giovanni Testori.
Si parte dai suoi esordi come allievo di Roberto Longhi, e suo collaboratore per la fondamentale rassegna sulla pittura di realtà in Lombardia, che contribuì a far luce sui precedenti del grande Caravaggio. Ma prima di giungere al Merisi con un capolavoro come Ragazzo morso da un ramarro, la mostra offre uno sguardo attento sulle figure che ne preparano l'entrata in scena, dal Foppa al Moroni, per passare alle opere del Cerano, dell'amatissimo Tanzio da Varallo e del Cairo.
Il Seicento e il Settecento sono rappresentati da una serie di opere straordinarie tra cui capolavori di Fra Galgario e Ceruti.
Quindi l'Ottocento francese, con Géricault e con Courbet, per Testori secondo solo al Caravaggio. Il Novecento prende avvio con i pittori della 'Nuova oggettività' e del realismo espressionista, come Grosz, Dix, Schlichter, Radzwill, Voll, per toccare i vertici con Giacometti, Bacon, Sutherland, e Varlin, una 'scoperta' del critico. E senza trascurare gli italiani: Sironi, Marini, Manzù, fino a giungere a Guttuso e al pittore amico di una vita, Morlotti, cui l'esposizione dedica una sezione.
Quindi gli anni Ottanta dominati dai 'Nuovi selvaggi' tedeschi, dal capostipite Hodic a Fetting, Middendorf, Salomè, e senza trascurare i 'Nuovi ordinatori' Albert, Merkens, Chevalier. Poi Paladino e Cucchi, rappresentati dalle stesse opere di cui lo studioso scrisse. Un percorso ricco di altre presenze eccellenti, da Soutine a Scipione, da Gruber a Vallorz, per dire solo di alcuni, e con una scelta di ritratti di Testori fra i tantissimi che diversi artisti gli hanno dedicato
».

(-Articoli - Rassegna stampa - Documenti - Fotografie Archivio Giuliana D'Olcese de Cesare-)

 Festa in casa Longhi a Firenze - Dicembre 2009 la Nota di Giuliana D'Olcese de Cesare
http://www.villadeivescovi.net/restauro_affreschi.htm
( http://www.villadeivescovi.net/collaudo_restauro.htm )

Giacometti vide i nostri Bacon e..

TESTORI, IL RITORNO DELLA PASSIONE
Quando il critico provava un amore collerico per i suoi pittori
di Sebastiano Grasso

«Non esiste, per la bellezza, altra origine che la ferita» ha scritto Jean Genet (1910-1986). La frase dell'intellettuale francese fu messa da Giovanni Testori come incipit di un articolo sul «Corriere della Sera» (22 dicembre 1991), dedicato a Giacometti. Testori ammirava Genet, subiva il fascino sinistro di questo scrittore ribelle per antonomasia, ladro e omosessuale che trascorse parte della sua vita in prigione dove scrisse i primi versi.
Giacometti è uno dei cinquanta artisti della mostra Miseria e splendore della carne, - curata da Claudio Spadoni (catalogo Silvana) - la cui apertura è stata rinviata, per il cattivo tempo, a sabato 18 febbraio al Museo d'arte di Ravenna (sino al 17 giugno).
Ci sono, fra gli altri, Caravaggio e Foppa, Moroni e Cerano, Tanzio da Varallo e Ceruti, Géricault e Courbet, Bacon e Sironi, Varlin e Fetting, Soutine e Vallorz. A quasi vent'anni dalla morte (16 marzo '93) dell'autore dell'Arialda, non poteva esserci un omaggio più opportuno e intelligente: la grande pittura europea antica e moderna interpretata da Testori. Interpretata, appunto. È tutta qui la peculiarità del critico-scrittore. Anche quando scriveva dei pezzi brevi (si fa per dire) sul «Corriere», Testori non «recensiva» una mostra. Questa gli offriva l'occasione perché egli potesse scrivere un racconto, tessere una tela di rimandi fra arte e letteratura, nei quali si immedesimava a tal punto da esserne addirittura travolto. Testori si accostava a un artista come se fosse il proprio vicino di casa e come solo un innamorato sa fare. Parlando di Morlotti («Corriere», 6 luglio '83) scrive: «A noi, morlottiani innamorati e collerici (come crediamo siano tutti i veri innamorati) che resta ancora da dire di questo pittore con cui, di tempo in tempo (…) siamo indotti ad incontrarci?».
«Innamorati e collerici»: tant'è che quando, una volta, Testori ebbe un grosso litigio con Morlotti, si liberò, per poche lire, di tutti i quadri (tantissimi) del pittore di Lecco, salvo poi, passata la buriana, ricomprarli a dieci volte tanto. E qui sembra che appaia la violenza verbale e non solo, propugnata da Genet.
Davanti alle opere degli artisti amati, Testori provava una sorta di rapimento, di estasi quasi. Sentite. Parla («Corriere», 14 giugno '87) della mostra di Brescia dedicata a Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto (1698-1767): «Difficile, anche per un cerutiano di lunga, anzi, di lunghissima data, com'è chi scrive, dar conto dell'emozione che si prova nel rivedere uniti gli apici del corpus del maestro milanese-bresciano».
Occupandosi di un pittore tedesco contemporaneo, Rainer Fetting (Wilhelmshaven 1949), annota («Corriere», 16 aprile '86):
«Un quadro v'è, in questa mostra milanese, (fin qui ignoto anche a un fettinghiano come chi scrive) (…) il Saltatore (…). V'è, in questo corpo, l'ansia d'una bellezza fisica incontenibile (…).
Nel contrasto fra demenza, cenere e furia, la sua pittura scoppia e deflagra, ora veloce e furibonda, come se fosse fatta di rasoiate, ora densissima e orgogliosa delle sue medesime porpore, e smeraldi, e incredibili, pesti ciclamini o viole
».
Un Testori «cerutiano», quindi, e un Testori «fettinghiano»: lo scrittore si identifica in due pittori distanti due secoli e mezzo fra di loro. In realtà si riconosce in quegli aspetti dei due artisti che riescono a dargli emozioni, a farlo vibrare.
Lo stesso discorso vale anche per i contemporanei. Testori era attratto da tutto quello che era disfatto, putrido, decomposto, corrotto, incenerito, perché da essi (e qui vale la frase iniziale di Genet, da lui citata) pensava che potesse venire un'ancora di salvezza, una sorta di riscatto.
Si pensi a Francis Bacon:
«A tratti, il memento baconiano parve troppo insistito perché non autorizzare di venir letto come un enorme, osceno e ustionante sberleffo (…) lo splendore di quelle labbra che nell'urlo parevano fissarsi in un'esterrefatta e catastrofica irrisione, e, dentro le labbra, lo splendore delle gengive, delle chiostre dei denti, delle lingue corrose e maciullate, dei palati infetti e delle gole, avide ed ebre come vagine» («Corriere», 15 settembre 2001), o a Chaïm Soutine: «Per Soutine, avere davanti la realtà era indispensabile (…) per staccarne, a colpi violenti, la scorza (...) e rivelarne così suppurazioni e meraviglia, inni e urla che, mescolati in modo inscindibile, formeranno l'esclamativa esterrefazione, il sigillo della sua bellezza tragica esaltata e vilipesa», («Corriere», 14 settembre '82).
E che dire, poi, quando in Testori, all'ammirazione si aggiungeva il rapporto personale? Valgano per tutti gli esempi di Willy Varlin (da lui scoperto) e Paolo Vallorz. Manca, purtroppo, in quest'ultima schiera, Federica Galli. E spiace, perché in fondo era stato Testori a coniare per lei il termine
«inciditrice».
Che poi la donna avesse un carattere, come dire?, non facile, e che non sprizzasse simpatia da tutti i pori, è un'altra cosa. La sua assenza dà fastidio, anche perché questa è una mostra degli «innamoramenti» di Testori. E Federica Galli ne faceva parte.

09-02-2012 - Corriere della Sera, Sebastiano Grasso

 

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