VILLA DEI VESCOVI

Giochi in Villa

«Chi trova il tesoro vince un uovo di Fabergé, moeche fritte e sarde in saòr!»

 

Le Uova Imperiali di Carl Peter Fabergé

 

«Chi trova il tesoro vince un uovo di Fabergé!»

 è così che trascorrevamo le feste alla Villa dei Vescovi. Cacce al tesoro che si rincorrevano tra il Brolo e il giardino, tra i portici, le stalle e i fienili della Barchessa, tra i giochi d'acqua del Ninfeo del Nettuno e le cantine, tra l'orto e il vigneto che circonda la villa.
Fino alla fine degli anni settanta, infatti, tra grandi, vecchi e piccini le cacce al tesoro erano in gran voga e si vincevano premi da sogno. Ma anche carbonelle, cipolle, salsicce, pigne secche e bruscolini.
Ricordo una Pasqua in cui con Vittorio e nostra figlia Carolina tra i tantissimi amici sparsi per l'Italia facemmo circolare la balla che erano in palio tre bellissime uova di Fabergé. E in villa fu il pienone. Lungo le vie Liviana e Tito Livio non c'era posto neppure per un triciclo. E per la gran colazione di Pasqua dovemmo chiedere rinforzi ai ristoranti sparsi tra il vicentino, il padovano e i Colli Euganei che ci inviarono ogni delizia di quella che è la loro rinomata ghiottissima cucina.
Dal bigolaro di Galzignano arrivarono bigoli in ragù di lepre, dal rifugio di Monte Venda polenta e osei e torresani allo spiedo con polenta stesa, fritta e alla brace, da Pirio a Praglia risi e bisi, strozzapreti all'oca muta, risotto con luganeghe e al radicchio di Treviso, da Teolo tagliatelle fresche ai funghi porcini del Montello, baccalà mantecato, e baccalà alla vicentina e alla veneziana, da Nalin sul Brenta garrusoli, granseole, canoce, capesante, moscardini, code di rospo e sarde in saòr, dai monaci dell'Abbazia di Praglia crostate ai frutti di bosco, castagnaccio e digestivi perforastomaco amorevolmente conservati, pestati e filtrati da novizi e priori.
E, dulcis in fundo, all'imbrunire arrivarono musici, attori e cantastorie della Compagnia del Ruzzante che facevano rivivere le pieces di uno dei più amati e famosi autori dell'antico teatro veneto.
Poi la notte, a suon di rok and roll, un gran ballo sull'aia con rottura finale di una caviglia di Vittorio. Rottura presa con gran filosofia, allegria e divertimento. A quei tempi, infatti, la gioa di vivere era più forte che mai, si godeva e si apprezzava tutto, dalle piccole gioie ai piccoli dolori, dai garrusoli alle aragoste, dalla carbonella alle uova di Fabergé.
   Giuliana D'Olcese

 

Il Ruzzante
Quel cibo che resuscita i
«mezi morti»

Dove si trova tutto questo ben di Dio di cibi che resuscita i «mezi morti»? Nel «Pavan», la campagna padovana cantata dal Ruzzante nella sua «Prima Oratione» datata 1521. Per tesserne le lodi davanti al Cardinale Marco Cornaro, Ruzzante illustra le specialità gastronomiche della sua terra: tutti i cibi che «farae magnar a un mezo morto». Pane di tutti i tipi: pan da frare, pan buffetto e pan scafetto, vino che che dice bivime bivime, che anche a chi haesse cento ferie el no ge farea mal.
E poi verze, verzuoti, capuzzi, herbete, latuge, parsimboli, e radichio, zuche, molon, ravanegi.
E i pumi dolzani, russi, burti e buoni, bianchi e rossi come un velù de sea. Poi piri ranci, moscatiezi, piri da San Piero, strangola preve. Nose e nosele, e rane xe in agresto se g'in porae dar a un Papa. E caparrosoli, peoci, bisati, asparagi di Bassano, fasoi de Lamon, vin merlot e cabernet de ua vespolina, garganega, rondinella e prosecco. E Asiago, casunziei, pastissada de caval, scampi alla busara, bigoli co' l'anara, sòpa coada, torta fregolotta, pinza. Un caleidoscopio di sapori che non ha eguali. Nel mondo.
da Italie / Veneto Un altro Paese, alla scoperta delle eccellenze (Corriere della Sera, 20 Maggio 2009, pag. 26)

 

Le uova di Pasqua dello Zar

Attualità - La curiosità di Claudia Dondi 46 Incontrin. 87/2006
Le uova di Pasqua dello Zar sono il capolavoro del gioielliere russo Peter Carl Fabergé, creazioni che gli dettero fama mondiale e che rappresentano ancor oggi esempi di fantasia e di arte orafa. Lo Zar Alessandro II e suo figlio Nicola II furono i suoi migliori committenti.
Gioielliere per tradizione di famiglia
Il nome di Carl Fabergé individua non solo la persona, ma implica in sé una percezione che trascende l'essere umano e racchiude un concetto di ricchezza, opulenza e nostalgia per la antica aristocrazia, russa ed europea, e del ricco e lussuoso mondo che le circondava.
Fabergé creò infatti preziosissimi oggetti di alta oreficeria, tra cui le celeberrime uova di Pasqua realizzate in metalli e pietre preziose, su commissione degli ultimi due Zar di Russia, Alessandro III, committente dal 1882 al 1894, e suo figlio lo Zar Nicola II, dal 1894 al 1917.
Peter Carl Fabergé, più conosciuto come Carl, nacque a San Pietroburgo il 30 maggio 1846 da una famiglia di origine francese. Destinato a seguire la tradizione di famiglia, terminati gli studi svolti tra Germania, Inghilterra, Parigi e Firenze, divenne un apprezzato gioielliere a Francoforte e, nel 1870, rilevò il negozio del padre a San Pietroburgo. Aveva 24 anni. Inizialmente la sua produzione prevedeva gioielleria tradizionale. Passò poi a piccole scatole, cornici e i cosiddetti "oggetti di fantasia", per la cui realizzazione venivano scelti metalli e pietre preziose e semipreziose, selezionati non solo in base al valore intrinseco ma anche in base alla loro gradevolezza estetica.
I reali d'Inghilterra commissionarono a Fabergé la riproduzione dei loro animali prediletti, cani e cavalli in particolare. Gli scultori addetti all'opera si trasferirono così, temporaneamente, da San Pietroburgo alla corte d'Inghilterra per fare modelli in cera ridotti in scala degli animali da riprodurre, per poi trasferirli sulla pietra dura.
Grande la maestria nell'uso degli smalti, composti da vetro e ossidi di diversi metalli per dare le diverse colorazioni necessarie, prodotti e usati sia in forma opaca che traslucida. Ma, come accennato, il capolavoro assoluto di Fabergé, che gli ha procurato una fama mondiale, è rappresentato dalle uova di Pasqua prodotte su commissione degli ultimi due Zar di Russia, Alessandro III e suo figlio Nicola II.
Pasqua, per la fede ortodossa russa, è in assoluto la festa più importante e le uova, per tradizione, sono simbolo della vita e della rigenerazione. La tradizione cominciò nel 1884, anche se su tale anno rimane un margine di incertezza, quando lo Zar Alessandro III regalò un uovo pasquale d'oro, smaltato in bianco e incastonato di pietre preziose alla moglie, la Zarina Maria Feodorovna. Da quel momento, fino alla sua morte avvenuta nel 1894, lo Zar regalò alla moglie un uovo di Pasqua firmato da Fabergé. Alla sua morte, il figlio, lo Zar Nicola II continuò la tradizione. Egli infatti commissionò ogni anno, fino alla caduta dell'Impero avvenuta nel 1917, due uova pasquali, uno per la madre e uno per la moglie, la Zarina Alexandra.
Ogni uovo richiedeva almeno un anno di lavorazione e, qualcuno di essi, è rimasto famoso anche per l'evento in esso rappresentato: l'incoronazione dello Zar Nicola II, il completamento della Transiberiana, l'anniversario della Croce Rossa. Il numero delle uova di Pasqua prodotte da Fabergé per la Corte Imperiale, tutte contenenti una sorpresa come nella migliore tradizione, è tuttora oggetto di ricerca e di studio. Con ogni probabilità furono commissionate cinquantasette uova, mentre ne furono realizzate e completate cinquantasei. Di queste, quarantasei sono state identificate con sicurezza, di quarantadue si conosce l'attuale ubicazione, di solo quattro non se ne sa nulla. Fabergé produsse alcune delle celeberrime uova su commissione del magnate dell'oro Alexander Kelch, per la nobile famiglia degli Yusupov, strettamente legata allo Zar, e anche per la Duchessa di Marlborough. Tutti i pezzi prodotti da Fabergé, compresi alcuni sigilli conservati al Museo del Sigillo di La Spezia, sono unici, elaborati e realizzati secondo raffinate tecniche.
Fabergé interpretò alla perfezione la tendenza del tempo e realizzò, con naturalezza e notevoli capacità manageriali, una sintesi artistica straordinaria tra oreficeria, scultura, pittura, decorazione, intaglio. Una sintesi unica al mondo per valore intrinseco dell'opera e pregio artistico, a rappresentare lo sfarzo e il lusso di un'epoca. Pagina 4746_47_Dondi 30-03-2006 Pagina 46 s47Incontrin. 87/200646_47_Dondi 30-03-2006

 

La Storia

Peter Carl Fabergé, considerato l'ultimo dei grandi orafi, nacque a Pietroburgo il 30 maggio 1846 da famiglia di origine francese.
Pietroburgo era stata costruita da Pietro il grande con magnificenza e notevole dispendio di mezzi, bonificando un terreno paludoso vicino al confine con la Finlandia, per farne la capitale della Russia e la sede della corte imperiale: città grandiosa, con ampie strade ed eleganti palazzi, ospitava una popolazione cosmopolita alla quale appartenevano inglesi, francesi, tedeschi. Ciò nondimeno manteneva un inconfondibile carattere russo.
L'istruzione di Fabergé fu pianificata in funzione della sua futura carriera. Così, quando nel 1870, all'età di ventiquattro anni, iniziò a lavorare nel negozio paterno di via Morskaja, Carl aveva ormai una formazione completa, artistica e tecnica insieme. Il carattere ambizioso si manifestò subito con la decisione di trasferire il negozio in locali più ampi, sul lato opposto della strada, senza dubbio in previsione di una futura espansione.
Quando Fabergé prese in mano il negozio paterno, questo era una piccola ed avviata impresa che molti sarebbero stati contenti di limitarsi a dirigere, compiacendosi del crescente successo presso l'agiata clientela pietroburghese. Invece Fabergé decise di operare un coraggioso cambiamento di stile, passando dalla ridondante e costosa gioielleria allora di moda a qualcosa di più leggero con la creazione di oggetti nei quali la fantasia del disegno è di gran lunga più importante del valore intrinseco del materiale usato: una svolta sorprendente, profondamente innovativa rispetto al suo tempo.
Senza dubbio l'avvenimento centrale della carriera di Fabergé fu la sua nomina a gioiellerie di corte nel 1885. Senza questa carica sarebbe stato certamente un ottimo artigiano e un brillante designer, ma non sarebbe mai entrato nella leggenda. La nomina gli fu conferita da Alessandro III, un uomo robusto, grosso, dall'aspetto rozzo e dal carattere burbero che sarebbe potuto sembrare estraneo al mondo raffinato e "miniaturizzato" di Fabergé.
Alessandro III era succeduto al padre, Alessandro II, promotore di una politica di riforme, che era stato ucciso da una bomba a Pietroburgo, vittima dell'oltranzismo rivoluzionario che andava diffondendosi nel paese. Alessandro III assunse invece un atteggiamento autoritario e si comportò come un monarca di stampo medioevale; la nomina di Fabergé a gioielliere di corte, però, rientrava nello spirito dei principi del Rinascimento.
Tale nomina fu all'origine di una delle più belle creazioni di arte orafa di tutti i tempi, le celebri uova pasquali per la famiglia imperiale, che Fabergé produsse per oltre trent'anni. Non si conoscono le esatte circostanze nelle quali ebbe inizio questa singolare commissione; una suggestiva tradizione vuole che il burbero Alessandro III desiderasse donare alla moglie, Maria di Danimarca, qualcosa che le ricordasse il suo paese; per questo Fabergé realizzò un uovo che era la copia di un uguale oggetto conservato nelle collezioni reale di Copenaghen.
Il dono ebbe grande successo e venne decretato che ogni anno Fabergé avrebbe creato un oggetto simile. Questo incarico, senza limiti di costo, diede all'artista la possibilità di ricercare la perfezione nell'esecuzione e nello studio del disegno, preoccupandosi solo del risultato: alcune uova imperiali richiesero anni per la loro realizzazione.
L'incarico fu confermato, dopo la morte di Alessandro III, nel 1894, dal successore Nicola II, che richiese a Fabergé due uova pasquali ogni anno: uno per la regina madre, Maria Fiorodovna, e uno per la moglie, la zarina Alessandra Fiodorovna. Le uova imperiali, però, non erano che la punta di diamante di una lunga serie di commissioni che il titolo di gioielliere di corte comportava, destinate a soddisfare tutte le necessità della famiglia imperiale: oggetti per celebrare anniversari familiari o ricorrenze istituzionali, riconoscimenti a singoli o ad associazioni, omaggi a capi di stato in visita,... una vastissima produzione di regali di ogni tipo - in oro, argento e pietre preziose - che impegnava gran parte del tempo e delle energie della maison Fabergé.
I Romanov inoltre erano uniti da una intricata rete di parentele alle altre famiglie regnanti d'Europa, in particolare quelle di Germania, Danimarca ed Inghilterra, e tutte desideravano possedere degli oggetti Fabergé. In Inghilterra infatti ebbe grande successo grazie ai regali inviati in particolare dalla zarina Maria Fiodorovna alla sorella, la regina Alessandra. Edoardo VII ammirava molto il lavoro di Fabergé, tanto da commissionare all'artista numerosi doni di compleanno per la moglie, oltre a svariati omaggi da offrire alle signore che erano oggetto della sua reale attenzione: e, considerato il carattere gaudente del sovrano, si trattava di un numero piuttosto elevato.
L'ammirazione del re trovò seguito in quella dell'alta società inglese, che espresse il proprio gusto raffinato nell'acquisto di oggetti della maison Fabergé: il successo fu tale da suggerire l'apertura di una filiale londinese all'inizio del Novecento.
Per soddisfare le richieste sempre crescenti Fabergé dovette espandere i propri laboratori. Nel 1890 il negozio sulla via Morskaja raddoppiò la superficie e venne aperta una filiale ad Odessa, seguita da altre a Mosca, nel 1897, ed a Kiev, nel 1905. Nel 1898 venne addirittura costruito un nuovo edificio al numero 24 della via Morskaja, come sede di tutte le attività dell'impero Fabergé. In quel periodo la maison Fabergé impiegava circa cinquecento lavoranti e produceva migliaia di articoli: nonostante l'intervento di moltissime mani, però, gli oggetti avevano un carattere ben riconoscibile, un'unità di stile, un'impronta che è frutto dell'attenta presenza di Fabergé, abile e sapiente regista di tutta l'impresa.
Ma la svolta politica che era nell'aria venne accelerata dalla disastrosa guerra contro il Giappone e, successivamente, dalla partecipazione al primo conflitto mondiale. Nicola II era un uomo di grande fascino anche se, a differenza del padre, era debole di carattere. Come Alessandro III, tuttavia, era irremovibile sulla questione della legittimità del potere assoluto. E anche la moglie, l'imperatrice Alessandra Fiodorovna, era strenuamente contraria alla concessione di una costituzione liberale perché, si diceva, voleva conservare una forte monarchia per il figlio Alessio.
Questa situazione rappresentava un terreno molto fertile per la diffusione delle idee rivoluzionarie sostenute dai bolscevichi che portarono alla rivoluzione di ottobre del 1917. Il nuovo assetto portò disordini, violenza, spargimento di sangue; l'intera famiglia imperiale - Nicola II, Alessandra Fiodorovna, le figlie Olga, Tatiana, Maria e Anastasia e l'erede al trono Alessio - venne fucilata.
Alla fine dei Romanov fece seguito quella della maison Fabergé. E' chiaro che nella nuova Russia i suoi oggetti preziosi non potevano avere mercato, perché non esisteva più la società privilegiata che aveva rappresentato la sua clientela. Peter Carl Fabergé morì il 24 settembre 1920.
Con la sua scomparsa, divenne impossibile per la maison Fabergé continuare a creare gli oggetti che l'avevano resa famosa; due figli dell'artista, Eugene e Alexandre, aprirono una ditta a Parigi nel 1924 con il nome di Fabergé & Cie la cui produzione, tuttavia, non raggiunse mai il livello di quella precedente.
L'attività cessò nel 1940.
Una grossa multinazionale americana ha acquistato i diritti per lo sfruttamento del nome e del marchio Fabergé; la ditta Braganti Antonio srl, con sede in Firenze, ha la licenza per l'Italia, e distribuisce quindi in esclusiva, una serie di argenteria, cristalli e porcellane con il nome di colui che è considerato "l'ultimo grande orafo".

 

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