VILLA DEI VESCOVI

Replica di Giuliana D'Olcese alle dichiarazioni sconcertanti del FAI pubblicate
da Paolo Corso su il Mattino di Padova

«Trachite che scotta Parterre sì o no? Ecco cosa si farà»

Menzogna sconcertante, rivoltante, abietta, dichiarata dal FAI
Che il progetto di Domenico Luciani sul brolo di Villa dei Vescovi, voluto e pubblicizzato dal FAI, fosse il progetto voluto
da Vittorio Olcese nel nostro restauro del 1963, è una Dichiarazione Ripugnante del FAI. Ripugnante, sconcertante, ed oltre

 

Le immagini pubblicitarie ingrandibili del "Parterre di Villa dei Vescovi" commissionato dal FAI all'architetto Domenico Luciani, progetto che distrugge il brolo Rinascimentale di Andrea da Valle, sono estratte dai Notiziari  trimestrali cartacei del FAI dei mesi di
Dicembre 2009
- Gennaio - Febbraio 2010 / Marzo - Aprile - Maggio 2010

Supervisore edizione Notiziari trimestrali FAI Marco Magnifico vice presidente FAI

 

 

Su Vittorio Olcese Dichiarazione Ripugnante del FAI. Ripugnante, sconcertante ed oltre
Sulla nota questione distruzione del brolo Rinascimentale di Andrea da Valle a Villa dei Vescovi
, progetto del FAI cui l'ha donata mio ex marito Vittorio Olcese, ora defunto, e dell'architetto Domenico Luciani, allego la rettifica inviata
All'attenzione di Paolo COLTRO caporedattore Il Mattino di Padova
e p.c, a
Presidente Commissione Cultura Provincia di Padova / Presidente Commissione Comune di Padova

Su Vittorio Olcese Dichiarazione Ripugnante del FAI. Ripugnante, sconcertante ed oltre
Gentile Paolo Coltro,
non abito nel Veneto, quindi non ho possibilità di trovare in edicola Il Mattino di Padova ma ho letto i due suoi articoli odierni su file.
Per stima, e rispetto deontologico verso un collega, devo purtroppo rettificare alcune prime (tra parecchie) inesattezze e quindi disinformazione personale, rilevate nei suoi due articoli pubblicati oggi sulla questione "brolo di Villa dei Vescovi-FAI".
Intanto, vorrei pubblicasse la mia rettifica su un punto decisivo ai fini della veridicità di quanto sostengo da alcuni lunghi mesi: la pubblicità del FAI per la vendita delle pietre di trachite (FINO AD OGGI CIRCA 200 VENDUTE) non è avvenuta (come lei scrive) soltanto sul sito internet del FAI, ma sopratutto con ripetute pagine riportanti le immagini del progetto di Domenico Luciani, articoli, cartoline, didascalie, ecc. ecc., pubblicate sul Notiziario trimestrale cartaceo del FAI, Notiziari che riceviamo noi Soci Sostenitori.
Sul Notiziario Dicembre 2009 - Gennaio - Febbraio 2010, e sul Notiziario Marzo - Aprile - Maggio 2010, cioè per ben sette mesi.
Questa prima rettifica è fondamentale per stabilire molti eventi accaduti, purtroppo, proprio al riguardo delle invocate (anche da lei) trasparenze da parte del FAI.
Forse, la fonte più idonea a chiarire trasparentissimamente "l'affaire brolo di Villa dei Vescovi-FAI", è il sito da me voluto assieme ad alcuni amici miei e di Vittorio Olcese, amici in vita.
Il sito contiene la storia fin dal giorno in cui è, purtroppo, iniziata: dal 3 Gennaio 2010 allorquando ho ricevuto il Notiziario Dicembre 2009 - Gennaio -Febbraio 2010, poi l'altro, Marzo - Aprile - Maggio 2010.
La prego di consultare Villa dei Vescovi ove, tra gli altri e in ordine temporale, troverà anche l'ultimo (il primo titolo) aggiornamento contenente un suo articolo del 2007 estremamente veritiero e critico. Comprese tutte le immagini, inoppugnabili, ingrandibili e con didascalie, e la rassegna stampa fino ad ieri.
Quando pubblicherò i suoi due articoli di oggi, spero prestissimo, e non da tromba stonata, sotto ogni riga da rettificare e precisare sottoscriverò ciascuna rettifica, basata su veritiera documentazione, non su chiacchiere salottiere e menzognere.
Devo dirle, con immenso accoramento e dolore, che il FAI, ancora una volta, ha usato la menzogna approfittando, perfino, del silenzio forzato di una persona ormai defunta: Vittorio Olcese che, tra l'altro, è il donatore di Villa dei Vescovi al FAI. Da defunto, infatti, è inascoltabile.
Ed è questo l'atto di vigliaccheria più grande che ci sia. Questo particolare dichiarato dal FAI, immagino da Luciani o da Magnifico è ripugnante: Che il progetto pubblicizzato dal FAI di Domenico Luciani, fosse il progetto voluto da Vittorio Olcese nel nostro restauro del 1963, è una dichiarazione Ripugnante. Ripugnante, sconcertante, ed oltre.
So bene quali furono i progetti e i gusti di Vittorio Olcese e miei, mai un uomo della sua cultura avrebbe manomesso, distrutto e pavimentato il brolo di Andrea da Valle. Questa ennesima falsità, ripeto falsità ripugnante, e sconcertante, il FAI se la dovrà rimangiare perchè, vede caro Coltro, sono una persona che parla se minutamente documentata, quindi in una botte di ferro, non come una tromba stonata.
La ringrazio per l'attenzione, la saluto cordialmente, sperando di vedere pubblicata, per ora, questa fondamentale rettifica.
Giuliana D'Olcese de Cesare
Villa dei Vescovi

 

 

PRIMO PIANO

VILLA DEI VESCOVI

Polemiche feroci sull'intervento del FAI: «il mattino» anticipa
come sarà la sistemazione definitiva
Trachite che scotta Parterre sì o no? Ecco cosa si farà

Accuse al FAI «di cementificare» l'ingresso alla villa lastricandolo in pietra. Ma nessuno ha visto i disegni.
La superfice pavimentata sarà di 300 metri quadrati e non in posizione centrale
Il destino degli alberi

di Paolo Coltro
il mattino di Padova — 06 luglio 2010   pagina 03  sezione: NAZIONALE

 

LUVIGLIANO. Il progetto finora l’hanno visto in pochi, ma ne stanno parlando in tanti, tantissimi. Come sarà il brolo di Villa dei Vescovi a Luvigliano?
Tra idee, anticipazioni, fughe di notizie, immagini improvvide, fantasticherie e deduzioni s’è scatenata una bagarre dalla quale ’sto benedetto brolo, lì tranquillo da cinque secoli, esce mediaticamente terremotato. Quello che manca, nell’incrociarsi di accuse, smentite, difese e contrattacchi, è la chiarezza.
Proviamo a riportare la questione nei suoi termini reali, per quanto possibile. In attesa di questa mattina, quando i vertici del Fai, Fondo Ambiente italiano, e il progettista della risistemazione del brolo, l’architetto Domenico Luciani saranno a Luvigliano per spiegare alla commisione cultura della provincia le loro intenzioni.
Ma probabilmente senza mostrare i progetti. Perché, dicono, è la Soprintendenza che deve vederli per prima, come da procedura e da savoir faire. Resta il fatto che Villa dei Vescovi, con il suo brolo annesso e soprattutto il suo destino che si avvicina a grandi passi, non è un affare privato.
Come anche il Fai dovrebbe volere, lo splendido edificio è un simbolo: l’unica proprietà che il Fondo possiede nel Veneto dovrà svolgere quella funzione educativa che è alla base della stessa esistenza del Fai.
Talmente vera, questa intima natura pubblica del bene, che lo stesso Fai si è rivolto e si rivolge al pubblico per ottenere un sostegno economico, sottintendendo il concetto di una proprietà diffusa, di una fruizione larga, di un patrimonio culturale condiviso. Così almeno intendiamo noi. Ma questi non sono giorni di alti dibattiti e confronto sui concetti. Oggi è il tempo dei veleni incrociati, di una vera e propria battaglia che spicca per una caratteristica paradossale: sono coltellate tra ambientalisti, tra difensori del paesaggio, tra puristi della filologia. Proviamo a vedere dove non c’è chiarezza.
Il progetto di risistemazione del brolo è stato steso dall’architetto Domenico Luciani. Il Fai lha visto ma, assicura, non lha approvato, nemmeno in sede interna, perché aspetta il parere della Soprintendenza.
Il progetto però ha avuto il sì del Comitato Scientifico che fin dall’inizio (e non senza contrasti) ha seguito i lavori di restauro a Villa dei Vescovi.
In un primo incontro, la Soprintendente Sabina Ferrari, a detta del Fai, ha dimostrato apertura e atteggiamento positivo. Seguiranno altri incontri, più concreti.
Stamattina alla commissione provinciale cultura, che tanto sè allarmata, e alla stampa non verranno messi sotto gli occhi i lucidi di Luciani.
Verrà piuttosto spiegato tutto il lavoro di ricerca storica e ambientale che ha portato alla stesura del progetto. Perché, dice l’architetto Luciani, c’è un percorso di indagine che ha portato alle idee finali, e questo si deve sapere. Il fatto è che tutti si sono buttati su quel che è trapelato di queste idee finali, il che si concentra in un unico fondamentale problema: sarà ricoperta di trachite quella parte del brolo che costituisce l’accesso alla villa?
E’ questa la questione centrale, sulla quale c’è lo scontro in atto.
Non si tratta di sminuire o esagerare, né di sbudellarsi a vari livelli. Semplicemente c’è da discutere sulla legittimità -storica, formale, estetica- dellintervento.
Le due posizioni sono: «Il brolo verrà cementificato» (trombe suonate dal Giuliana de Cesare, prima moglie di Vittorio Olcese, allora proprietario della villa) e «lo sciocchezzaio del brolo cementificato» (Domenico Luciani). Certo è che il Fai non ha fatto un favore a se stesso lanciando, in gennaio, sul suo sito la campagna «adotta una lastra di trachite», il vero campanello dallarme di tutta la faccenda.
Il punto non è che con 200 euro si poteva ottenere l’incisione delle proprie iniziali su quel tassello di pietra, sfruttando l’inane ambizione all’immortalità dei sottoscrittori.
Il punto è che quella campagna svelava, prima del progetto, prima delle discussioni, prima delle approvazioni, quale sarebbe stata la trasformazione del brolo.
L’immagine che pubblichiamo in questa pagina è tratta dal sito del Fai. E le sottoscrizioni arrivano: già duecento, a tuttoggi.
Il Fai ha spiegato (dopo le critiche) che quell’immagine risale al 1963, era lidea di restauro dellintervento di Vittorio Olcese e non rispecchiava lassetto cinquecentesco disegnato da Andrea da Valle, per il semplicissimo motivo che non ci è pervenuto alcun documento su quellassetto.
Bene: ma allora perché improvvisamente mettere quell’immagine fuorviante?
Altre domande sorgono spontanee: ma allora, cosè stato pensato, cosè stato approvato e soprattutto, cosa vuole fare il Fai?
Siamo in grado di anticipare qualche dato: il parterre è stato previsto, lungo l’asse di accesso alla villa. Quella porzione di brolo è di 1600 metri quadrati. Il Fai vuole adattarne una parte per poter tenere concerti e manifestazioni, e ha previsto una superficie lastricata di 400 metri quadrati.
Dopo il primo incontro con la Soprintendenza, lunedì scorso, sono già intervenute delle variazioni: primo. Il parterre non sarà centrale, ma piuttosto di lato.
Secondo, la Soprintendenza vorrebbe fosse più contenuto, diciamo 300 metri quadrati. E non è neppure sicuro che venga adoperata la trachite: per esempio, la Soprintendenza potrebbe suggerire il cotto. Questi sono i primi dati certi sul progetto, e non è detto che possano cambiare ancora. Certo è che sarebbe meglio ragionare su misure precise e interventi conosciuti, per evitare nuvole fumogene. La chiarezza dissipa tutto.
Un bene Fai lo diventa per essere aperto al pubblico, molto pubblico: deve anche possibilmente mantenersi, e Marco Magnifico, direttore culturale del Fondo, auspica e prevede che a Villa dei Vescovi arrivino, da marzo 2011 in poi, tra le venti e le trentamila persone l’anno. Il messaggio coniato dai nuovi proprietari per attrarre visitatori a Luvigliano è che la villa deve tornare ad essere quello che forse è stata per il vescovo Pisani a suo tempo: un pensatoio. Si pensa in mezzo ai quattro quarti del brolo, si pensa all’ombra delle logge, si pensa nelle fresche stanze affrescate da Lamberto Sustris.
Per corroborare i pensieri e lasciar giù qualche euro, ecco una buvette, magari un ristorantino che prolunghi nel corpo il piacere del cervello. E fin qui va bene.
A patto, come questo giornale scriveva fin dal 2007, che il ristorante non si sostituisca, nella percezione pubblica, alla villa, alla storia, alla cultura.
Non vanno bene cinquecento coperti, perché arriverebbero duecentocinquanta macchine, da sistemare da qualche parte: arduo, tra viottoli e stradine. E se qualcuno volesse affittare la villa per un matrimonio? Si può fare, non è una bestemmia: ricordandosi che uno spazio non è una piazza inventata di sana pianta. Si tratta di conciliare il rispetto dell’esistente e la sua storia con misurate esigenze moderne, comprese quelle di mantenimento del bene. La linea dell’equilibrio è quello che ci si aspetta dal Fai: le cui benemerenze passate sono indiscutibili, ma che va aiutato a realizzarle anche nel presente.
La chiarezza e la trasparenza sono necessarie, unico viatico alla condivisione. Per chi può e deve decidere (Fai, Soprintendenza). Ma anche per chi può pensare e vuole farsi un’idea. Il Fai interviene su valori assoluti, quindi su valori comuni. Non pensiamo voglia farlo erga omnes. Speriamo lo farà coram populo.
 Paolo Coltro

 

IL PROGETTO DI LUCIANI
«IL BROLO RESTERÀ BROLO PAROLA DI PAESAGGISTA»

il mattino di Padova — 06 luglio 2010 pagina 03 sezione: NAZIONALE

 

LUVIGLIANO. Il muro che corre per quattro lati è lungo un chilometro. Racchiude quasi sei ettari di terreno. Come brolo, ovvero giardino coltivato, niente male.
Se il blocco architettonico di Villa dei Vescovi è sopraelevato su una collinetta, il brolo ne accompagna lelevazione, da tutti i lati, è il piedistallo naturale, la natura governata da cui scaturisce larchitettura. In più, rende un unicum il luogo abitato, distinguendolo dalla campagna circostante, e distinguendo anche la funzione di quel terreno recintato. Che è un orto-giardino: ovvero vi si coltivavano piante utili che avevano anche una funzione decorativa.
Il brolo è ben identificato, ha una sua storia sulla quale l’architetto Domenico Luciani ha speso giorni e mesi di ricerche. Per capire cosa fare e come. Un lavoro che, in mancanza di fonti dirette e precise (leggi: disegni cinquecenteschi o più tardi) è passato per la corrispondenza tra il vescovo Francesco Pisani ed Alvise Cornaro, l’umanista chiamato a fare l’amministratore di quei possedimenti ecclesiastici. E’ un momento cruciale della Rinascenza: un vescovo affida la gestione delle campagne, ma con Cornaro l’agricoltura è vista positivamente.
Dobbiamo pensare che all’epoca la città era il paradiso: lì commerci, arte, vita pubblica; lì mura che volevano dire sicurezza. Il Rinascimento dà dignità alla campagna. «Santa agricoltura» la chiama Cornaro, mentre dispone bonifiche e divide i contadini per gruppi sugli appezzamenti. S’incrociano due idee: quella del mondo classico, di Vitruvio, dell’andar insieme di utilità e bellezza; e quella d’impresa, di valore economico, tipica di una società in accelerazione.
L’architetto Luciani ha speso tempo su nomi e misure, le chiavi di volta per riprendere conoscenza del luogo e delle idee che l’hanno governato. Per esempio: si chiama Villa dei Vescovi, ma in realtà è un palazzo, e la villa (villaggio) era la contrada di Luvigliano. Vuol dire: perché diversa è la funzione, reale e simbolica, rispetto alle ville più tarde. Il palazzo è dei vescovi, in fondo oltre che buen retiro vuol dire potere: si deve vedere da chilometri di distanza, e così è.
Luciani ha girato e girato, facendo una mappa dei punti da cui si può scorgere. Dice: «Si può individuare una trigonometria percettiva del territorio: da questo verso il palazzo e viceversa. Dalle logge si coglie quanto devi vedere l’intorno». Non sono ricerche senza conseguenze.
Lavisionepuò voler dire sottrazioni, come le chiama con pudore Luciani, necessarie per la leggibilità dellinsieme. Tradotto, vuol dire che sull'altare della filologia potrebbero essere sacrificati degli alberi che da un paio di generazioni tutti sono abituati a vedere.
Per questo l’architetto vuole spiegare, farsi capire.
Dopo di che, tutto si può fare e discutere, ma avendo le idee chiare. Poiché da sempre Luciani non può essere definito un iconoclasta del verde, anzi, c’è tempo e motivo per ascoltarlo. L’impressione è che la bagarre di questi ultimi tempi non si combini granché con il suo essere studioso. Ma forse non si combinano granché con questa sua qualità alcune espressioni che girano in casa Fai, come «metamorfosi d’uso» ed «esigenze gestionali».
L’architetto si trova in mezzo tra potere decisionale e percezione esterna. Un posto scomodo. Lui taglia corto: «A me interessa l’essenziale».
Adesso tocca alla Soprintendenza. Vedremo se sarà una storia di compromessi. (p.c.)

 

 

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