VILLA DEI VESCOVI
|
|
|
Giulia Maria Crespi - Giuliana D'Olcese
|
Ah.., les beaux temps dei Referendum!
|
D'Olcese e Crespi, amiche da una vita, mobilitate per Segni e Giannini
|
L'una, napoletana, impegnata nelle Arti figurative e architettoniche, in
editoria, in politica, nel sociale, nell'interior design
L'altra, milanese doc, da editrice del Corriere della Sera, a fondatrice del
|
FAI - Fondo per l'Ambiente Italiano
|
<Articoli
di Corrado Ruggeri - La Repubblica - Corriere della Sera.it - Maria
Latella - Gian Antonio Stella - Giuliana D'Olcese>
|
|
CORRIERE DELLA SERA
|
POLITICA
|
MARTEDI 10 DICEMBRE 1991
|
|
|
|
di Corrado Ruggeri Corriere
della Sera - Martedì 10 Dicembre 1991 Chiediamo scusa ai lettori
per l'incompletezza delle parti finali dell'articolo
|
|
IL GRAN GALA' DEL FAI SALVA LA VILLA DEI VESCOVI
|
Acquistata 21 anni fa da Giuliana D'Olcese, la villa è stata ceduta lo scorso anno al Fai
|
L'evento. Il FAI Fondo italiano per l'ambiente è presieduto da Giulia Maria Mozzoni Crespi
|
Quattrocento gli invitati. L'asta battuta da Sotheby Milano, il gran galà del Fai salva la Villa dei Vescovi
|
|
Quattrocento commensali, quaranta tavoli, 400.000 euro incassati
solo per la partecipazione alla cena di gala, tutti da devolvere al
restauro della cinquecentesca Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia,
in provincia di Padova. Ieri sera, per una delle sue iniziative di conservazione
del patrimonio artistico, il Fai, Fondo per l'ambiente italiano, ha
scelto per una volta un'occasione mondana, di quelle che a Milano un
tempo aprivano, in autunno, la stagione dei ricevimenti. Al restauro
della Villa dei Vescovi sarà destinato anche il ricavato dell'asta
battuta da Sotheby's che si è tenuta ieri nella Sala delle Cariatidi
di Palazzo Reale, sede del ricevimento. Uomini in smoking, signore in
lungo, secondo il desiderio di un comitato promotore tutto al femminile,
messo insieme dalla presidente del Fai, Giulia Maria Mozzoni Crespi.
Ne fanno parte Silvia De Benedetti, che lo presiede, Stefania Alessandri,
Natalia Aspesi, Elena Bazoli, Silvia Boeri, Laura Colnaghi, Emmanuelle
De Benedetti, Lilli Gruber, Olivia Magnoni, Miuccia Prada, Giulia Puri
e Sabina Ratti Profumo. Alla serata hanno dato la loro adesione, fra
gli altri, personaggi del mondo dell'economia come Giovanni Bazoli,
Carlo De Benedetti, Francesco Micheli, Alessandro Profumo e Carlo Puri
Negri, della moda come Patrizio Bertelli e Mariuccia Mandelli, della
cultura come Inge Feltrinelli, il giornalista Gad Lerner, l'architetto
Gae Aulenti. Alcuni di loro hanno donato dei ricordi personali da
battere all'asta. Asta che ha visto il battitore di Sotheby's coadiuvato
da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. Un contributo è giunto
dallo stesso Comune di Milano, che ha messo a disposizione gratuita
mente la Sala delle Cariatidi. Villa dei Vescovi, costruita fra il 1535
e il 1542 per la Curia padovana, è una delle più belle
ville del Veneto. «Quando la comprammo», racconta Giuliana
D'Olcese che ne è stata proprietaria per ventuno anni, «era
in rovina, non c'erano nemmeno i vetri». Restaurata, la Villa
divenne crocevia di artisti e intellettuali. Ora, ceduta al Fai da Maria
Olcese Valoti e Pierpaolo Olcese, e nuovamente bisognosa di cure, tornerà
a rivivere grazie al Fondo per l'ambiente, che dal 2007 l'aprirà
al pubblico. Ad oggi il Fai ha 36 beni sotto la sua tutela e conta circa
70.000 aderenti. Villa dei Vescovi, costruita tra il1535 e il 1542,
si trova a Luvigliano di Torreglia (Padova). Acquistata 21anni fa
da Giuliana D'Olcese, la villa è stata ceduta lo scorso anno
al Fai. Una volta restaurata, dal 2007, verrà aperta al pubblico.
|
|
|
» Corriere della Sera
> Archivio > Cocktail referendario a casa Olcese, ma
Fini diserta Archivio
storico 25 giugno 1998
|
CORRIERE DELLA SERA.IT
|
|
I promotori del quesito antiproporzionale celebrano il traguardo delle 400.000 firme in un salotto romano
|
Cocktail referendario a casa Olcese, ma Fini diserta
|
|
I promotori del quesito antiproporzionale celebrano il traguardo
delle 400.000 firme in un salotto romano Cocktail referendario a
casa Olcese, ma Fini diserta ROMA - Dalle piazze assolate con Antonio
Di Pietro accaldato a raccogliere firme armato di megafono, ai cocktail
da salotto romano. Ma è un'eccezione: il comitato promotore del
referendum antiproporzionale ha deciso di concedersi un tocco di mondanità
solo per celebrare il traguardo delle 400.000 firme raggiunto martedì,
preludio a quello finale di mezzo milione che i promotori contano di
avere a portata di mano aggiungendo le firme raccolte negli uffici comunali. E'
dunque il momento di far festa e la scelta è caduta sulla casa
di Giuliana Olcese, che è anche sede del Movimento per le
riforme costituzionali. La padrona di casa, esponente vicina ai
Ds ma gradita alla destra, è inoltre membro del Comitato e da
sempre in prima linea nelle battaglie a favore del maggioritario. La
pausa nella corsa contro il tempo per le firme che si chiude tra un
mese (il 24 luglio) è stata "per una sera soltanto"
ci tengono a sottolineare i promotori del referendum che vuole cancellare
la quota proporzionale. L'incontro è stato comunque di tipo
"mondan-promozionale", permettendo ai sostenitori del quesito
di illustrarne gli effetti a vari esponenti del mondo della cultura,
del giornalismo e dell'imprenditoria. L'invitato più atteso era
Gianfranco Fini e la sua presenza al cocktail avrebbe avuto anche un
rilevante significato politico, sancendo probabilmente un appoggio esplicito
di An al referendum. All'ultimo momento, però, Fini ha dato forfait
adducendo impegni di famiglia. E neanche Di Pietro s'è fatto
vedere (rappresentante dell'Italia dei Valori erano Willer Bordon, la
portavoce Alessandra Paradisi e il retino Rino Piscitello). Mancava
pure Achille Occhetto e dunque il solo presente tra i testimonial del
quesito antiproporzionale era Mario Segni. Con lui Luigi Abete, l'ex
presidente di Confindustria anch'egli tra i sostenitori del referendum
e l'ex presidente del Senato Carlo Scognamiglio (ora nell'Udr di Cossiga).
Uno dei pochi "azzurri" invitati era Antonio Martino, impossibilitato
però a intervenire perchè in viaggio negli Usa. Forza
Italia ha così "schierato" l'altro liberal, Peppino
Calderisi. Non fa più parte del partito, invece, Saverio Vertone.
Ora uno dei sostenitori dell'iniziativa referendaria: "Non resta
che il referendum per uscire dal gorgo della prima Repubblica". Pagina
2 (25 giugno 1998) - Corriere della Sera
|
|
Corriere della Sera Salotti e testimonial, tramonto referendario Archivio storico 23 Maggio 2000 Pagina 2
|
|
PROPAGANDA
|
Salotti e testimonial, tramonto referendario
|
REFERENDUM & PROPAGANDA Salotti e fiancheggiatori, la via del tramonto
|
ROMA - E dire che si era impegnato anche Michele Mirabella, l'unico
centauro della tv italiana, metà intellettuale e metà
telenavigatore tra bronchi e apparato digerente, in più - talvolta
- attore di teatro. Pure Mirabella aveva aderito all'appello lanciato
dagli storici Lucio Villari e Carlo Vallauri e da Tamara Borghini, sorella
«de sinistra» di quel Gianluigi che fu sfortunato candidato
del Polo alle ultime comunali romane. «Non astenerti, decidi tu»
invitavano i tre e via con i banchetti al Pantheon. Aderirono Arbore
e De Crescenzo, naturalmente coinvolti a cena, e poi un pugno di attrici
e attori, Gassman e Proietti, Ferilli e Koll. La gente di cinema, si
sa, è il serbatoio residuo del cosiddetto impegno civile, sono
loro gli ultimi generosi dispensatori di firme. Gli intellettuali, stavolta,
più che mobilitarsi sono rimasti immobili, come se il crampo
dello scrivano avesse impedito ciò che un tempo non si negava
a nessuno. Una bella firma in calce, per l'appunto. Paolo Sylos Labini,
Vittorio Foa, Ernesto Galli della Loggia: loro sì, loro l'hanno
fatto sapere che sarebbero andati a votare, né potevano fare
altrimenti Dario Fo e Franca Rame, Antonio Tabucchi, Stefano Benni,
ma nessun altro è arrivato, sia pure per caso, in piazza del
Pantheon o in piazza Mignanelli, laddove vigilavano sempre e soltanto
Mario Segni e l'ex presidente della Consulta Caianiello, il pugile Nino
Benvenuti e la referendaria ultrà Giuliana Olcese. Per lo
storico Lucio Villari c'è di che riflettere sulle bizzarre e
singolari circostanze che hanno spinto il 70 per cento degli italiani
su posizioni opposte alle sue. I colpevoli, almeno, sono sotto gli
occhi di tutti: «Pannella e i suoi compagni di partito. Non hanno
capito che questa sollecitazione continua e costante irrita e stanca
gli elettori». Villari a trascinare ci ha provato, ma i trascinati
sono stati pochi, anche perché - ed ecco individuato il colpevole
numero due - «tutta l'informazione politica, quella che un tempo
si sarebbe chiamata propaganda, era totalmente nelle mani degli avversari,
col consapevole supporto della Rai». Individuati i colpevoli della
massiccia defezione popolare, rimane da capire come mai la figura dell'Intellettuale
Firmatario si sia rivelata, stavolta, davvero demodè. Villari
sospira: «Sa, quando gli stessi politici si impegnano così
e così...». Come «così e così»?
Vuol dire forse che Veltroni e Folena non si sono impegnati? «Certo,
però continuavano a dire: sappiamo bene che il quorum non ci
sarà. Ma che si fa così in politica?». Ah, i
bei tempi in cui tra intellettuali e referendum si stringevano affinità
elettive, i tempi in cui tra Roma e Milano litigavano la presenza di
Mario Segni a un garden party, a un cocktail, a un incontro «per
carità non definitelo pranzo». Correva il dicembre del
1991, Segni era appena stato ospite di Giulia Maria Crespi, «un
incontro per capire come si può trasformare il volto delle istituzioni».
Il referendum? diceva Giulia Maria, «può essere un piccolo
inizio di rinnovamento» e il filosofo Salvatore Veca, benché
più a sinistra, sognava lo sbarco di Segni a Milano: «Candidarlo
qui indicherebbe che i dirigenti della Dc hanno intercettato il desiderio
collettivo di cambiare pagina». La pagina, come si sa, fu poi
voltata. Eccome, se è stata voltata, a Milano, quella pagina.
Le milanesi oggi a voltarla di nuovo non ci credono più, «qui
ci si vede solo tra di noi» il Bocca, la Rosellina (Archinto),
la Milly (Moratti). A Milano, pare di capire, non c'è stata una
singola, significativa iniziativa in favore del referendum e loro, gli
intellettuali, i finanzieri illuminati, gli imprenditori del petrolio
con mogli che non si danno per vinte rispetto al vittorioso Berlusconi,
si sono sentiti in balìa del loro destino. Anche nei migliori
pensatoi romani la delusione è forte. Giuliana Olcese rivela
un dato che le fu premonitore: «Ho capito che il quorum non ci
sarebbe stato all'ultima manifestazione, a piazza Mignanelli. C'erano
Occhetto, c'era Segni, ma non c'era Luigi Abete. Si vede che, avendo
mangiato la foglia, ha preferito defilarsi. Non si sa mai: dovesse ritrovarsi
candidato della coalizione di centro sinistra». Ma è stato
Abete a commentare i dati in tv. Nove anni fa, comunque, era tutto
un raccogliere firme. Per Mariotto. Da Carla von Stohler, sorella di
Antonio Martino e come lui referendaria devota, rastrellavano firme
su una preziosa scrivania Biedermeier, fine ' 800 e alla presenza del
cancelliere: firmavano, allora, Domietta Del Drago e la duchessa Serra
Capriolo, ma anche l'ingegner Filippo Fratalocchi, detto Pippo, titolare
di premiata industria nel ramo armamenti. Dati forniti dai giornali
dell'epoca. Autentico rappresentante della società civile, nel
' 91 l'ingegner Pippo si entusiasmò talmente per il referendum
da imporre la raccolta delle firme pure ai suoi operai. Chissà
se l'ingegnere questa volta li ha lasciati in pace. Maria Latella Pagina
223 Maggio 2000
|
|
|
» Corriere della Sera > Archivio > EVVIVA I RE (DEGLI ALTRI) Archivio storico 17 ottobre 2000
|
CORRIERE DELLA SERA.IT
|
|
EVVIVA I RE (DEGLI ALTRI)
|
|
EVVIVA I RE (DEGLI ALTRI) di GIAN ANTONIO STELLA Avranno
disturbato Sua Maestà le goccioline di pioggia cadute ieri pomeriggio
sul cappellino pastello scelto dalla sovrana per la terza visita romana
tra le centinaia di esemplari della sua spettacolare collezione? Certo
non s'è posta il problema lei. Potete scommettere che l'angoscioso
dubbio ha però attraversato più d'uno dei cervelli che
sovrintendono le nostre televisioni. D'Alema fotografato sul
trono, Berlusconi incoronato dai suoi fan. E un milione di persone
si mette in coda per ottenere un'onorificenza Da Juan Carlos a Lady
Di: la strana ossessione monarchica della Repubblica italiana. I
quali, mentre nel Nordovest l'acqua si portava via le persone e le case
e gli alberi e le autostrade, hanno trovato un buco negli affollati
palinsesti per mostrare un solo «speciale» in diretta: quello
dedicato da Raidue all'arrivo della Regina Elisabetta. Peccato
che i fiumi in piena si siano portati via anche la corrente elettrica
se non addirittura le tivù. Gli sfollati avrebbero avuto sollievo,
in questi giorni che hanno sconvolto la loro vita, dalla consapevolezza
d'assistere a eventi storici: l'inchino di Ciampino («davvero
impeccabile», preciserà in serata un telecronista) della
signora Donatella Dini, la sfilata del corteo regale sull'Appia
Antica, il pensatoio in studio a Saxa Rubra con Michele Cucuzza.
Ma più ancora, indimenticabile, la lunga zoomata sulla tavola
a ferro di cavallo del Salone delle feste. Imbandita su una preziosa
tovaglia di fiandra (stirata anche quella sotto l'occhio delle telecamere)
dove spiccavano le 4.032 posate repubblicane fatte fare da Giovanni
Gronchi, come racconta Filippo Ceccarelli nel suo libro
«Lo stomaco della Repubblica», fondendo 330 chili
di argenteria rimasti nei cassetti del Quirinale dai tempi dei
Papi e dei Savoia. Il tutto in linea, diciamolo, con la tradizione
patria. Che con la monarchia ha un rapporto a dir poco controverso.
Non che ci facciano difetto i re. Grazie a una certa facilità
nei titoli giornalistici ne abbiamo di tutti i generi: dal Re del
Tondino al Re della Soppressa, dal Re delle Cliniche al Re della Frìtola.
E perfino nella politica abbiamo avuto un «Re Tentenna»
incarnato in quel Mario Segni che per cambiare l'Italia ha cambiato
tutte le alleanze su piazza, e poi un «Re Borbonico di sinistra»
salutato in Antonio Bassolino dalla regina dei salotti rosé
Giuliana Olcese, e poi un «Re Ghigno» in Massimo
D'Alema che nella casa di un principe palermitano si fece immortalare
dal fotografo Roberto Koch assiso in trono con tanto di corona
regolamentare. Non ci è mancato nemmeno un «Re del Tartarughino»:
quel Renato Altissimo che prima di ritirarsi dalla politica passava
le notti al night. Un sondaggio di qualche tempo fa della «Directa»
arrivò a stabilire perfino che il 14,7 per cento degli italiani
vorrebbe Silvio I Berlusconi Re d'Italia. Con diritto alla successione
ereditaria. Non c'è re, regina, imperatore, principe consorte
o aspirante al trono che non abbia raccolto tra gli italiani la sua
fetta di successo, affetto, simpatia. Con il contorno automatico di
copertine di settimanali. Purché fossero, s'intende, d'un altro
Paese. Da Carolina di Monaco a Costantino di Grecia, da Gustavo
di Svezia ad Abdullah di Giordania, da Farah Diba a Juan Carlos di Spagna
fino a lady D. che, accorsa a Milano in elegantissimo nero stretto
per i funerali di Gianni Versace, venne accolta da una folla
di telespettatori in delirio come forse neppure la suocera si è
mai sognata di avere. Coi «nostri», invece, il rapporto
è sempre stato complicato. Basti ricordare due inni del Risorgimento,
scritti e cantati a distanza d'una manciata di anni con lo stesso trasporto.
Il primo faceva: «Giuriam! Giuriam! Giuriam! / Per Pio Nono e
Carlo Alberto! / Giuriam! Giuriam! Giuriam! / Per Leopoldo Tosco Re!».
Il secondo: «Un popol diviso per sette destini, / in sette spezzato
da sette confini, / si fonde in uno solo, più servo non è
/ Su, Italia! su, in armi! Venuto è il tuo dì! / Dei re
congiurati la tresca finì!». O ancora la leggerezza ironica
con cui un ritornello popolare liquidava l'uccisione di Umberto I per
mano dell'anarchico Bresci: «Alla stazion di Monza / passa un
treno che ronza / hanno ammazzato il re / con colpi tre». Amen. Per
non parlare delle canzoni fasciste: «Salve o Re Imperator! / Nuova
Fede il Duce diè», intonavano i balilla prima del 25 luglio.
Ignari che i repubblichini si sarebbero sgolati così: «Vogliamo
scolpire una lapide / incisa su pelle di troia / a morte la casa Savoia!».
Chissà come avrà vissuto questi giorni, dalla sua Ginevra,
il ceruleo Vittorio Emanuele, ostaggio da decenni del tormentone sul
suo ritorno, trascinato di puntata in puntata da ogni possibile opportunismo
altrui e da ogni possibile strafalcione suo. Come avrà sorriso
leggendo di tutte le invocazioni, le pressioni, le minacce e le lusinghe
di tanti protagonisti del bel mondo repubblicano ossessionati dalla
voglia di entrare tra quanti sono stati eletti a commensali della regina
inglese e dall'incubo di essere disonorati dall'esclusione. Come avrà
ridacchiato nel riconoscere, in quel popolino di presenzialisti affetti
da importanzite, molti di quelli che ossessionavano suo padre per ottenere
un titolo onorifico. Perché sempre lì torniamo. Alle piccole
debolezze di un Paese vanitosetto dove, come dimostra quel milione di
persone in coda per avere un giorno uno straccio di onorificenza da
cavaliere o da commendatore e come conferma anche la bagarre mondana
intorno alla visita della signora Elizabeth Windsor, talvolta
pare che non basti essere il Re dell'Acciaio se non sì è
anche Gran Balì dell'Ordine Equestre di San Gedeone. Gian
Antonio Stella Stella Gian Antonio Pagina 001.013 (17 ottobre
2000) - Corriere della Sera
|
|
Adnkronos 23 Set 1999 02:53 PM
|
RIFORME: OLCESE A SEGNI, NON SERVONO LEADER MA ELETTORI
|
|
Referendum 7 ottobre
|
"Rinnovare la politica significa anche rinnovarne lessico e regole". Giuliana Olcese, portavoce Movimento per le Riforme. ...
|
|
CATALOGO COLLETTIVO DEI BENI CULTURALI LIVORNESI - Ricerche con ...
|
Disegni di Adolfo Wildt: (1868-1931) / a cura di Giuliana Olcese e Vanni Scheiwiller. - 2. ed. - Milano: All'insegna del pesce d'oro, 1988. - 167 p. ...
|
pegaso.comune.livorno.it/.../ewgettest?...
|
|
|
|
|
|
|
|
Sindaci?
|
Lettera aperta a Giulia Maria Crespi e Vittorio Sgarbi
|
di Giuliana D'Olcese
|
Redazione 1 Gennaio 2008 - 613 numero letture
|
Cara Giulia Maria,
come sai considero le mie due "Patrie" il Veneto e Milano,
quindi aver letto sul Corriere a titoli cubitali «Abusivi in Galleria,
lo shoc di Milano. All'ultimo piano rifugi, cartoni, legni, stufe ed
elettrodomestici, la Casbah in Galleria» e nella pagina accanto
il tuo grido di dolore per le condizioni di degrado, sporcizia e di
abbandono in cui versa Milano nonostante i vigili segnalino da anni
quegli abusi, da ex milanese di adozione, e ben conoscendo la tua forza
e la tua totale dedizione alle grandi battaglie civiche ed artistiche,
mi è venuto spontaneo il desiderio che cittadinanza e istituzioni
ti nominino Sindaco Onorario di Milano. Con quella tua aria da basso
profilo, ma di Lady di ferro, quante cose ancora faresti Giulia Maria
per la tua città anche come Sindaco Onorario di Milano! E
poi te lo meriti un riconoscimento così significativo e nello
stesso tempo tanto impegnativo. Ti conosco da quando, da poco vedova
ed orfana, ti ritrovasti sulle spalle l'eredità del quotidiano
più autorevole e diffuso d'Italia e la tua impronta segnò
gli anni del radicale cambiamento di come fare editoria, di cosa sia
la politica, politica alta e giusta, di come essere la proprietà
di un grande mezzo di informazione popolare. I tuoi direttori restano
storici. E ti conosco come donna severa e intransigente sì,
ma di grande generosità intellettuale, culturale, umana, finanziaria,
e Milano ha estremo bisogno di ritrovare l'antica impronta della sua
grande borghesia illuminata. Illuminata, mecenate, coraggiosa, altruista,
colta, generosa, che guarda al futuro, non vivacchia appollaiata su
anguste rendite di posizione politiche, sociali, economiche. Il riconoscimento
come Sindaco Onorario di Milano ti spetta Giulia Maria. Sei un
soldato sempre pronto a combattere nei campi di battaglia più
aspri, più disperati, ad inerpicarti sui sentieri di guerra più
impervi. Prova ne è che hai voluto con tutte le tue forze istituire
e fondare il FAI, www.fondoambiente.it,
senza il quale dal Piemonte alla Lombardia, e giù fino al Lazio,
l'Italia non avrebbe visto tornare agli antichi splendori tanti monumenti
d'arte così importanti e significativi. Opere d'arte che andavano
in rovina ma che tu hai salvato, e instancabilmente salvi, rendendoli
al patrimonio artistico del popolo italiano come stai facendo con La
Villa dei Vescovi, da te già tanto amata al tempo in cui venivi
ospite "chez Olcese" come hai dichiarato a La Stampa, e donata
al FAI da Vittorio Olcese per sua e mia volontà come reciprocamente
ci promettemmo di fare quando fondasti il FAI. Sono certa che i cittadini
milanesi, quelli che amano e rispettano le sue grandi tradizioni di
città che fu aperta a tutte le idee più innovative, come
lo furono tanti imprenditori illuminati e tanti amici comuni come la
Mimmina Brichetto regina della cultura milanese, nonna di Letizia Moratti
attuale Sindaco di Milano, sarebbero onorati e felici di avere un Sindaco
Onorario come te. Ti eleggerebbero a loro marchio doc. Come sono
certa che i cittadini milanesi, e con loro il mio amico critico d'arte
Vittorio Sgarbi assessore alla cultura del Comune di Milano, venutine
a conoscenza, peroreranno la causa a che nella grande mostra di Francis
Bacon in programma dal 4 marzo a fine giugno 2008 al Palazzo Reale di
Milano, venga esposta anche una delle sue più belle opere, "Figura
accovacciata nell'erba". Il celebre dipinto che faceva parte della
collezione di Vittorio e mia, e che assieme ad un magnifico ritratto
di uomo e ad una cospicua parte dei dipinti, si trova all'astero nel
caveau di una banca di Chiasso gestiti dal mercante d'arte Martino con
studio a Mendrisio il quale, interpellato per primo, ha rifiutato di
prestarli alla mostra di Milano. Motivo il fatto che le opere dovranno
andare alle grandi mostre di Madrid, Londra e New York in programma.
Molto dopo la chiusura della mostra di Milano però. Se quelle
opere andranno in giro per il mondo perchè non concedere alla
mostra di Milano, che dista solo un'ora da Chiasso, anche la "Figura
accovacciata nell'erba"? Cara Giulia Maria, come ben sai per
Vittorio, così come ha sempre fatto, sarebbe stato un grande
orgoglio concedere il dipinto alla grande mostra organizzata nella sua
città così come ha fatto con il suo nostra figlia che
è milanese anche lei. Perchè tenere in un caveau all'estero
opere che sono beni culturali vincolati all'Italia? L'assessore alla
cultura del Comune di Milano ben conosce la collezione Olcese, ha visto
i Bacon più volte e sono certa che tu e Sgarbi avete l'autorevolezza
per far ritornare in Italia la "Figura accovacciata nell'erba"
affinchè venga esposta non solo a Madrid, Londra e New York ma
anche al Palazzo Reale di Milano a godimento degli appassionati d'arte
italiani, non solo stranieri. Ti auguro tante vittorie ancora sulle
tue battaglie per il salvataggio del patrimonio artistico italiano e
ti abbraccio con affetto. Giuliana.
|
http://blog.bamboccioni.net
|
www.virusilgiornaleonline.com/rubricadol.htm
|
|
|
Indietro
|| Home
www.villadeivescovi.net
|
|