ROMA — La coordinatrice del Movimento per le riforme istituzionali
Giuliana Olcese non concede tregua alle forze politiche e continua
a promuovere incontri per favorire la ricerca di un accordo sulla
legge elettorale «che sintetizzi le esigenze del Paese»
e consenta di «uscire dalle secche dell’ingovernabilità».
Non si tratta sicuramente di impresa semplice, come è emerso
ieri dal convegno organizzato dalla Olcese «Sistemi elettorali:
quale legge per il Paese». L’iniziativa ha avuto comunque il
merito di far dialogare i responsabili delle politiche istituzionali
di quasi tutti i partiti, Lega compresa, dopo l’«ibernazione»
della Bicamerale.
Ancora troppi sono però gli ostacoli sulla strada di un
accordo parlamentare per la legge elettorale. Veti incrociati, anche
all’interno dei rispettivi schieramenti, e l’opposizione delle forze
politiche che vedono minacciata la loro stessa esistenza, continuano
a caratterizzare il dibattito sulla riforma del sistema di voto.
Fino a gennaio, quando la Corte costituzionale deciderà sull’ammissibilità
del referendum antiproporzionale, la situazione non sembra dunque
destinata a sbloccarsi. I partiti rimangono infatti fermi sulle rispettive
posizioni.
Ieri i Ds Antonio Soda e Stefano Passigli hanno ribadito la necessità
di rilanciare il doppio turno di collegio. Ma hanno sottolineato
il loro pessimismo su una possibile intesa in questo senso, soprattutto
in vista del clima di «guerra guerreggiata» che caratterizzerà
i rapporti tra i due Poli nei mesi prossimi. Passigli non crede alla
sincerità di Silvio Berlusconi quando parla di un tavolo per
la legge elettorale: «Non credo alla proposta di Berlusconi
che sembra usare anche questo tema solo per tentare ancora una volta
di dividere la maggioranza. Tant’è che ha messo subito le
mani avanti dicendo che di doppio turno di collegio non se ne parla».
Anche il costituzionalista di Fi Giorgio Rebuffa è convinto
che non vi sia la possibilità di riannodare tra i partiti
alcun dialogo, dato che mancano in Parlamento i soggetti interessati
al mutamento istituzionale. Per Rebuffa l’unica strada che rimane
è quindi il referendum antiproporzionale. Sicuro che un’intesa
sulla legge elettorale sia impossibile si è detto il senatore
della Lega Francesco Tabladini, che ha riproposto il sistema proporzionale
(«non deve essere un tabù»), sul modello tedesco.
Modello al quale è invece inutile guardare secondo il costituzionalista
di An Domenico Nania, che ha sottolineato come «un sistema
elettorale sia inutile se non è coordinato al sistema istituzionale».
Nania nutre speranze proprio verso il referendum che «ha il
pregio di spingere verso il bipolarismo togliendo la rete di protezione
proporzionale per i partiti» e si oppone al doppio turno di
collegio «perché è una riforma su misura per
il Pds». Anche Willer Bordon ha sottolineato la valenza di
stimolo del referendum per raggiungere l’accordo su una buona legge
elettorale, ma il vicesegretario del Ppi Dario Franceschini ha fatto
notare che «al di là della disponibilità generica
ognuno rimane troppo affezionato alla propria proposta» e ha
sottolineato che «affidarsi al referendum per una materia così
delicata come quella elettorale sarebbe davvero una dichiarazione
di impotenza della politica e del Parlamento».
«Un convegno utile per approfondire le questioni — ha concluso
il forzista Peppino Calderisi — ma anche per verificare le grandi
difficoltà, prima tra tutte quella di una riforma elettorale
svincolata dal contesto generale del sistema politico».
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