VILLA DEI VESCOVI

Il lato umano della pittura Gli artisti di Testori
Claudio Spadoni: «Uomo lucido e controcorrente»
di Alessandro Fogli

RAVENNA. Un commiato sontuoso, quello del direttore Claudio Spadoni dal Museo d’arte (del quale rimarrà comunque consulente scientifico), che con la mostra Caravaggio, Courbet, Giacometti, Bacon. Miseria e splendore della Carne. Testori e la grande pittura europea completa in grande stile il suo excursus sui protagonisti della critica d’arte italiana. >Una mostra non solo imponente ma anche, come suggerisce il titolo, focalizzata su un lato molto umano della pittura. Spadoni, quanto è stato difficile realizzare una mostra non solo così importante, ma anche così centrata sull’aspetto “passionale” di Giovanni Testori?
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La mostra dedicata a Giovanni Testori, il quarto degli storici e critici d’arte presi in esame, dopo Roberto Longhi, Francesco Arcangeli e Corrado Ricci, è forse la più complessa perché mira a ricostruire un percorso di cinque secoli, da fine ’400 con Vincenzo Foppa e Gaudenzio Ferrari, fino a quasi tutto il 1900 – Testori è morto nel ’93 –, con gli ultimi artisti di cui lo studioso s’è occupato, vale a dire i “nuovi selvaggi” tedeschi, quindi Enzo Cucchi e Mimmo Paladino, presenti in mostra proprio con le opere di cui scrisse Testori.
La difficoltà maggiore è stata la scelta degli artisti veramente fondamentali per la sua linea critica, quelli più “sentiti” e sui quali egli proiettava la propria visione dell’arte e della vita. Caravaggio, naturalmente, secondo l’insegnamento di Longhi, che si ritrova anche nei pittori della realtà in Lombardia, ma che Testori seppe interpretare con una visione critica e una partecipazione del tutto diverse, inconfondibilmente personali. Di autori a lui carissimi come Francesco Cairo, Tanzio da Varallo, Cerano, Procaccini, i pittori della peste di manzoniana memoria, abbiamo ottenuto opere importanti; così come per due grandi del ’700, Frà Galgario e il Pitocchetto, cui sono dedicate sale personali.
Artisti, tutti, che documentano una realtà “del paese” di tipica marca lombarda, preferiti da Testori ai più aulici modelli tosco-romani e veneti. Poi, i grandissimi dell’800 francese, Géricault e Courbet, con diverse opere appartenute proprio allo studioso. La difficoltà maggiore per il ’900, a parte certi prestiti sempre problematici come per Giacometti o Bacon, è consistita nella selezione dei nomi veramente “testoriani”, fra i tanti - magari troppi - di cui egli si era occupato. A Morlotti, il compagno di strada di Testori, è dedicato uno spazio particolare, quasi una mostra nella mostra».

Scrittore, drammaturgo, storico e critico dell’arte. Come descriverebbe, lei che l’ha conosciuto, Giovanni Testori?
Qual è stato il suo impatto sulla cultura italiana?
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Testori è stato certamente una delle figure più complesse e controverse della cultura italiana della seconda metà del ’900. Uomo controcorrente, lucido e appassionato, determinato come pochi nelle sue scelte, nel ruolo di drammaturgo suscitatore di scandali come di critico schierato contro le imperanti neoavanguardie, che rappresentavano ai suoi occhi lo strapotere di un’accademia internazionale. Quando da giovane l’ho conosciuto, mi parve davvero un reazionario, come allora si definiva chi non era allineato con l’ufficialità rappresentata dall’arte povera, dal concettuale, e insomma dalle tendenze extrapittoriche. Come seppe che ero stato allievo di Arcangeli, l’“amico-nemico” della famiglia longhiana, se ne uscì con un laconico “ah”. Da allora, solo incontri occasionali e saluti di circostanza.
E in risposta a una sua stroncatura della mostra Nell’età di Correggio e dei Carracci, scrissi un articolo duramente polemico nei suoi confronti. Mi ha riconciliato con lui Morlotti, che ormai alla fine dei suoi giorni, mentre stavamo preparando insieme una sua antologica, mi diede un catalogo appena uscito con una presentazione di Testori. “So che non lo ami – mi disse – ma leggi questo suo testo, credo che ti piacerà”. Poche pagine, struggenti: mi sono commosso».

Il momento storico-artistico italiano attuale potrebbe “tollerare” un personaggio di rottura come Testori?
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Oggi, molto di più che venti-trent’anni fa, un anomalo come Testori sarebbe forse liquidato come un apocalittico, una figura fuori tempo, un predicatore alle prese con le sue contraddizioni. Un perdente, agli occhi di una società sempre più votata alla superficialità e piegata al consenso. Ma la sua figura sa richiamare ancora l’interesse di tanti giovani; e non solo, credo, per la sua forte, sofferta e conclamata religiosità. Uomini come Testori e Pasolini oggi più che mai meriterebbero la nostra attenzione».

<Corriere Romagna 19 Febbraio Prima pagina - pag. 3 - 23 - 24 - 25 - 26>
http://corriereromagna.it/cultura-spettacoli/2012-02-19/il-lato-umano-della-pittura-gli-artisti-di-testori

 

 

 

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