VILLA DEI VESCOVI

«Villa dei Vescovi, sì - dice Giuliana D'Olcese, già Olcese - è proprio un'osmosi continua»

passeggiando tra i Colli Euganei che avvolgono la splendida creatura cui ha ridato vita nel 1962, la Villa dei Vescovi,
Primo Premio nel mondo per l'anno 1968 per il miglior restauro e arredo di un Monumento d'Arte

Scriveva La Repubblica Venerdì 20 Ottobre 2006:

«Acquistata 21anni fa da Giuliana D'Olcese, la villa è stata ceduta al Fai. Una volta restaurata, dal 2007, verrà aperta al pubblico»

Intervista a Giuliana D'Olcese

di Daniela Russo LiberoReporter numero Aprile- Maggio 2009

 

Articoli correlati di
La Repubblica - Corriere della Sera Archivio - Paola di Caro - Maria Latella - Finesettimana - LiberoReporter - Giuliana D'Olcese - Luca de Leone

 

villa dei vescovi vista sulla chiesetta di LuviglianoLuvigliano di Torreglia (Padova) - Giovedì 5 Marzo 2009
«Sì, ha ragione Elisabetta Saccomani, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università di Padova, questa creatura che abbiamo salvato dalla rovina, e che ho abitato per lunghi anni, è realmente una osmosi continua tra la magia che emana questo storico monumento di Giovanni Maria Falconetto ed il fascino del paesaggio incantato dei Colli Euganei. L'intreccio tra paesaggio, interni ed esterni monumentali della Villa dei Vescovi avvolgono in una dimensione magica tutti coloro che girano tra le magnifiche stanze del piano nobile e le logge affrescate dal Sustris, ammirano gli stucchi del Vittoria incastonati tra i timpani delle tre facciate principali e si inoltrano nel gioco architettonico esistente tra i terrazzati e le superbe scalinate, nell'intreccio del brolo con il pozzo in marmo di Verona e i portali monumentali che conducono ai vigneti, ai suoi orti ed al ninfeo disegnati da Andrea della Valle. Via via fino al piano terra con le 'volte a vela' disegnato dal Falconetto assieme al suo allievo diciottenne Andrea Palladio» dice Giuliana D'Olcese che nel 1962, assieme a suo marito Vittorio Olcese, acquistò la Villa dal Vescovo di Padova, Monsignor Bortignon, la restaurò e l'arredò in modo talmente esemplare da meritare, nel 1968, dall'American National Society of Interiors Decorators Foundation, il Primo Premio nel mondo per il miglior restauro ed il miglior arredo di un Monumento d'Arte.
«Sono molto felice - continua Giuliana D'Olcese ammirando la Villa dall'alto di un colle - che dopo che gli ho dedicato tanto amore, tanta parte della mia vita e dei miei sacrifici, questo splendido monumento avviato ad una nuova fatale decadenza, Vittorio l'abbia donato al FAI realizzando così la decisione comune di lasciarlo in eredità allo Stato o ad una Fondazione come il FAI che, ne sono certa, lo conserverà con l'attenzione e l'amore necessari che avrei avuto io stessa».
Signora D'Olcese, le è universalmente riconosciuto il fatto che, oltre ad essere già comproprietaria dell'intero complesso monumentale di Villa dei Vescovi, di averla restaurata anche con il mutuo e la supervisione dell'Ente Ville Venete e con il suo celebre gusto interamente arredata e decorata. Come spiega, allora, che ne' il FAI, ne' la presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi, non l'abbiano mai citata negli articoli, nei libri, nelle news letter e sul sito internet del FAI?
E' come se l'avessero cancellata dalla storia della Villa dei Vescovi: Giuliana Olcese? Mai esistita. Eppure tutto il mondo sa che il FAI conosce bene sia lei, sia la grande amicizia che legava lei e Vittorio alla signora Crespi, più volte ospite di entrambi, oltre che a Milano, anche in Villa.
Non le sembra un po' grottesco? Un noir ottocentesco?
«Tutto vero. Vede, in quanto allo staff del FAI, fare informazione è un mestiere che non s'improvvisa.
E' necessaria una rigorosa deontologia professionale che non tutti seguono o osservano. Indispensabili sono rigore professionale, il documentarsi sui fatti così che la narrazione appaia fedele al modo in cui si sono svolti realmente. Oggi, con l'informazione, il rigore sono in pochi ad esercitarlo, si tira via, non c'è il gusto della ricerca, quindi si rischiano dei gran pasticci. In questo caso, però, basta consultare l'archivio della Conservatoria di Padova e si trova tutta la documentazione dei passaggi di proprietà della Villa».
E la presidente del FAI?
«Cosa vuole, Giulia Maria è una persona eccezionale, è l'anima del FAI, ma è gravata da mille responsabilità, da un lavoro davvero incessante. Se dovesse occuparsi anche di comunicati, redazione dei depliants, articoli, internet, news letter e testi dei libri non so se mi spiego... Sono compiti questi che spettano allo staff. Immagino il sangue amaro che si fa Vittorio da lassù; era così orgoglioso, e lo esternava a tutti, del rigore con cui feci restaurare e poi arredai la Villa. E' anche per questo che sono felice di essere intervistata da un giornale nazionale edito a Padova, città che con il Veneto, considero la mia seconda Patria».
Ma se le cronache de La Repubblica l'hanno indicata come già comproprietaria dei Vescovi - proprietaria effettiva, non in quanto moglie di Olcese - quale ritiene sia il motivo del perseverare nel cancellare la sua persona dalla storia della Villa, nel tacere i fatti clamorosi che la riguardano?
Eppure il FAI la conosce bene, lei ne è anche socio sostenitore, ha diramato un appello del FAI a favore dei restauri della Villa.
«Non so cosa pensare, vede, a La Repubblica mi conoscono tutti. Eugenio e Simonetta Scalfari erano nostri amici sin dai tempi in cui, appena sposati, vivevano a Milano. Poi, quando Vittorio fu alla vice presidenza del Consiglio dei ministri nel I° Governo Spadolini, e nel II° vice ministro alla Difesa ed io detti due gran pranzi per lui, ministri e Spadolini compresi, ci siamo felicemente ritrovati tutti a Roma».
A quel tempo, Vittorio Olcese era al secondo matrimonio?
Sì, ma dopo le sfuriate della rottura del nostro matrimonio, eravamo in rapporti idilliaci. Della prima riconciliazione ne fu artefice proprio la nostra amica Giulia Maria Crespi che assieme a due grandi amici comuni, lo scrittore Gianni Testori e Carlo Ripa di Meana, invitò Vittorio e me nella sua casa di Milano e ci pregò di ritornare assieme perchè, disse, «la nostra città non deve perdere una coppia come siete voi due, noi amici vi vogliamo assieme». E, sul momento di andare via tutti e tre ci infilarono nell'ascensore in modo che rimanessimo da soli. Carlo Ripa di Meana se lo ricorda ancora. A Roma, finchè è rimasto in Parlamento - dopodichè lasciò Milano e si stabilì ai Vescovi ove si ammalò - assieme a nostra figlia Carolina ci frequentavamo molto e lui mi raccontava le segrete cose della politica, scandalo della P2 compreso.
Andavamo per musei, gallerie d'arte, case dei comuni amici. E ripensavamo e commentavamo gli eventi che mi avevano condotta a cedergli la mia parte di proprietà dei Vescovi ed alle condizioni, non reali, con cui ne fu redatta la scrittura notarile. Condizioni da me accettate pro bono pacis, per chiudere le questioni ereditarie.
A quei tempi, il diritto di famiglia non era stato ancora riformato. Trascorso del tempo e ritrovatici a Roma, Vittorio mi diceva con infinita tristezza che Villa dei Vescovi nessuno mai l'avrebbe amata e curata quanto me. E' avviata al declino, mi diceva, il nostro capolavoro devo salvarlo. Non avresti dovuto cedermi la tua metà a quelle condizioni capestro, oggi tutto ciò per me è un'angoscia».
Circa la donazione il FAI, per anni, ha diffuso notizie contraddittorie. Una volta la donazione era attribuita a Vittorio Olcese, la volta dopo invece alla vedova ed al figlio Pierpaolo, la volta dopo ancora a Vittorio Olcese e così via. Conosce il motivo di questo giallo nel giallo?
«E' un giallo, infatti. Forse, scambiando esecutori testamentari per donatori, o forse per altri obiettivi, non so. Consideri che per il passaggio di proprietà dei Vescovi al FAI, nostra figlia Carolina ha dovuto firmare. E' lì che ha appreso di essere coerede, tra l'altro, della collezione d'arte tra cui erede di uno splendido quadro di Francis Bacon. E tutto ciò con strascichi legali. Quindi, immagino, che se la Villa fosse stata donata dagli eredi del secondo matrimonio non si sarebbe resa necessaria la firma dell'erede del primo. Lapalissiano no?».
Sua nipote Ilaria de Cesare donerà qualche opera al FAI?
«No, non più. Sa come sono i giovani, orgogliosi fino al midollo, se gli salta la mosca al naso non sono come noi adulti, pazienti, tolleranti. Credo che donerà opere di Martini al Museo di Brera, a Milano. Ilaria e mia sorella Stella infatti hanno trascorso molti anni a Milano ed ai Vescovi con me, Vittorio e Carolina. Penso che i Martini li donerà a Brera in nostra memoria. La sua famiglia, per Ilaria, è sacra e poi mi è molto affezionata».
E lei?
«Intende donazioni al FAI?».
Daniela Russo

<<<<*>>>>

La Repubblica Cronaca - Venerdì 20 Ottobre 2006 Pag 6

IL GRAN GALA' DEL FAI SALVA LA VILLA DEI VESCOVI

Acquistata 21 anni fa da Giuliana D'Olcese,

la villa è stata ceduta lo scorso anno al Fai

 L'evento. Il FAI Fondo italiano per l'ambiente è presieduto da Giulia Maria Mozzoni Crespi
Quattrocento gli invitati. L'asta battuta da Sotheby Milano, il gran galà del Fai salva la Villa dei Vescovi

 

 Quattrocento commensali, quaranta tavoli, 400.000 euro incassati solo per la partecipazione alla cena di gala, tutti da devolvere al restauro della cinquecentesca Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, in provincia di Padova. Ieri sera, per una delle sue iniziative di conservazione del patrimonio artistico, il Fai, Fondo per l'ambiente italiano, ha scelto per una volta un'occasione mondana, di quelle che a Milano un tempo aprivano, in autunno, la stagione dei ricevimenti.
Al restauro della Villa dei Vescovi sarà destinato anche il ricavato dell'asta battuta da Sotheby's che si è tenuta ieri nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, sede del ricevimento. Uomini in smoking, signore in lungo, secondo il desiderio di un comitato promotore tutto al femminile, messo insieme dalla presidente del Fai, Giulia Maria Mozzoni Crespi. Ne fanno parte Silvia De Benedetti, che lo presiede, Stefania Alessandri, Natalia Aspesi, Elena Bazoli, Silvia Boeri, Laura Colnaghi, Emmanuelle De Benedetti, Lilli Gruber, Olivia Magnoni, Miuccia Prada, Giulia Puri e Sabina Ratti Profumo. Alla serata hanno dato la loro adesione, fra gli altri, personaggi del mondo dell'economia come Giovanni Bazoli, Carlo De Benedetti, Francesco Micheli, Alessandro Profumo e Carlo Puri Negri, della moda come Patrizio Bertelli e Mariuccia Mandelli, della cultura come Inge Feltrinelli, il giornalista Gad Lerner, l'architetto Gae Aulenti. Alcuni di loro hanno donato dei ricordi personali da battere all'asta. Asta che ha visto il battitore di Sotheby's coadiuvato da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto.
Un contributo è giunto dallo stesso Comune di Milano, che ha messo a disposizione gratuita mente la Sala delle Cariatidi. Villa dei Vescovi, costruita fra il 1535 e il 1542 per la Curia padovana, è una delle più belle ville del Veneto.
«Quando la comprammo», racconta Giuliana D'Olcese che ne è stata proprietaria per ventuno anni, «era in rovina, non c'erano nemmeno i vetri».
Restaurata, la Villa divenne crocevia di artisti e intellettuali. Ora, ceduta al Fai nuovamente bisognosa di cure, tornerà a rivivere grazie al Fondo per l'ambiente, che dal 2007 l'aprirà al pubblico. Ad oggi il Fai ha 36 beni sotto la sua tutela e conta circa 70.000 aderenti. Villa dei Vescovi, costruita tra il1535 e il 1542, si trova a Luvigliano di Torreglia (Padova).
Acquistata 21anni fa da Giuliana D'Olcese, la villa è stata ceduta lo scorso anno al Fai. Una volta restaurata, dal 2007, verrà aperta al pubblico.

<<<<*>>>>
La contessa dell'Ulivo: ho un debole per Andreatta e Ciampi
4 lug 1997 ... Lei è Giuliana Olcese, nata de Cesare, contessa "un po' napoletana ...Sposatasi a 18 anni con Vittorio Olcese, industriale e poi esponente ...
archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/04/contessa_dell_Ulivo_debole_per_co_0_9707042493.shtml
Corriere della Sera
Archivio storico 4 Luglio 1997 Pagina 2
PARLA GIULIANA OLCESE
La contessa dell'Ulivo: ho un debole per Andreatta e Ciampi
"Come è piaciuto il mio ceci e cozze ai professori"
ROMA - Per prima cosa tiene a precisare che nel suo salotto "entrano solo la politica, l'arte e la cultura". Subito dopo che i grandi leader di partito non sono bene accetti nella sua casa: "Limitano la libertà di ognuno di esprimere ciò che vuole". Infine, che la politica è la sua vera, grande, immensa passione. Da giocare a sinistra:
>"Una delle cose di cui vado maggiormente fiera è una lettera da Palazzo Chigi in cui mi si nomina "grande elettrice dell'Ulivo", al pari del sottosegretario Parisi".
Lei è Giuliana Olcese, nata de Cesare, contessa "un po' napoletana, un po' irlandese, un po' tedesca", animatrice di uno dei salotti più ambiti della capitale nonchè coordinatrice del Movimento per le Riforme costituzionali, gruppo di cui fanno parte sindaci, politici, professori di area Ulivo (ma non solo), impegnato nella battaglia per "riformare la riforma" partorita dalla Bicamerale. Attivissima, ciarliera, energica. Il suo salotto romano ha ospitato, dice orgogliosa, "tutti i presidenti del Consiglio dall'80 ad oggi", Berlusconi escluso. "Come facevo a invitarlo? Io stavo organizzando l'Ulivo!".
In passato, le frequentazioni non erano da meno. Sposatasi a 18 anni con Vittorio Olcese, industriale e poi esponente del Pri, si trasferisce a Milano e li' con il marito riceve il bel mondo laico e di sinistra dell'epoca: da Ugo La Malfa a Giovanni Spadolini, da Giulia Maria Crespi a Alberto Mondadori, da Giangiacomo Feltrinelli a Nanni Ballestrini. "Insomma, il centrosinistra nacque a casa nostra", dice lei convinta. E aggiunge: "La Crespi e La Malfa si conobbero a casa mia, e lei per averlo fatto scrivere sul Corriere venne accusata di comunismo". Ma in quel salotto passavano anche i nomi dell'arte e della cultura: "Ricevevo Allen Ginsberg, Andy Warhol, Truman Capote e poi Giacometti, Otto Dix, Francis Bacon: Milano un tempo era una città viva, ora è in mano ai sarti...".
Più tardi, il divorzio dal marito e l'esperienza "più dura della mia vita: fui processata davanti al Santo Uffizio per adulterio. Fui l'ultima donna italiana, alla fine degli anni 70, a dover subire un trattamento del genere. Dopo quell'esperienza niente mi fa paura: figuriamoci i politici...".
La sua attività politica recente ha radici non a Montecitorio, ma nel movimento referendario di Segni prima, e nella Convenzione dei sindaci democratici da lei organizzata e da lei tenuta in piedi grazie al legame con l'Associazione nazionale dei sindaci, l'Anci, presieduta da Enzo Bianco, suo grande amico. E proprio dei sindaci, e delle "sindache" ("Ce ne sono tante in trincea, soprattutto al Sud") la Olcese parla con più trasporto: "Nelle loro mani c'è il futuro del Paese".
Quelli di centrosinistra li adora tutti. Ma due più degli altri: "Bassolino, che è un grande re borbonico democratico di sinistra e Fistarol, il "piccolo" sindaco di Belluno che ha la stoffa del leader". Poi ci sono i politici: "A casa mia vengono praticamente tutti i ministri del governo Prodi: da Ciampi e Dini, in onore dei quali ho dato due pranzi poco tempo fa, da Bassanini alla Finocchiaro, da Napolitano a Maccanico, a Treu, a Fantozzi. I preferiti?
"Andreatta più di tutti: ironico, un cervello libero, anticonformista, per niente attaccato alla poltrona. Poi Ciampi, la vera grande testa del governo Prodi.
Giorgio e Clio (i Napolitano, ndr), sono miei carissimi amici. Veltroni? Lasciamo perdere... mi ha deluso. Prodi? Meglio non commentare... Giudizio sospeso".
I leader di partito no, da lei non vanno: "Non li chiamo". Ma ci sono i vice: "Marco Minniti e Gianni Letta vengono spesso". Non solo sinistra dunque in casa Olcese: "Macchè: ci sono Urbani, Calderisi, Rebuffa". E poi il mondo economico: "Da Padoa Schioppa a Fabiano Fabiani, da Monorchio a Draghi".
E che si mangia in cotanti pranzi? "Quando posso, cucino io personalmente. Una specialità? Ceci e cozze, ieri i professori le hanno divorate...".
Di Caro Paola Pagina 2
<<<*>>>
Salotti e testimonial, tramonto referendario
Anche nei migliori pensatoi romani la delusione è forte. Giuliana Olcese rivela un dato che le fu premonitore: «Ho capito che il quorum non ci sarebbe stato ...
archiviostorico.corriere.it/2000/maggio/23/Salotti_testimonial_tramonto_referendario_co_0_0005235266.shtml - 68k

Corriere della Sera Salotti e testimonial, tramonto referendario Archivio storico 23 Maggio 2000 Pagina 2

PROPAGANDA

Salotti e testimonial, tramonto referendario

REFERENDUM & PROPAGANDA Salotti e fiancheggiatori, la via del tramonto
ROMA - E dire che si era impegnato anche Michele Mirabella, l'unico centauro della tv italiana, metà intellettuale e metà telenavigatore tra bronchi e apparato digerente, in più - talvolta - attore di teatro. Pure Mirabella aveva aderito all'appello lanciato dagli storici Lucio Villari e Carlo Vallauri e da Tamara Borghini, sorella «de sinistra» di quel Gianluigi che fu sfortunato candidato del Polo alle ultime comunali romane. «Non astenerti, decidi tu» invitavano i tre e via con i banchetti al Pantheon.
Aderirono Arbore e De Crescenzo, naturalmente coinvolti a cena, e poi un pugno di attrici e attori, Gassman e Proietti, Ferilli e Koll. La gente di cinema, si sa, è il serbatoio residuo del cosiddetto impegno civile, sono loro gli ultimi generosi dispensatori di firme. Gli intellettuali, stavolta, più che mobilitarsi sono rimasti immobili, come se il crampo dello scrivano avesse impedito ciò che un tempo non si negava a nessuno. Una bella firma in calce, per l'appunto. Paolo Sylos Labini, Vittorio Foa, Ernesto Galli della Loggia: loro sì, loro l'hanno fatto sapere che sarebbero andati a votare, né potevano fare altrimenti Dario Fo e Franca Rame, Antonio Tabucchi, Stefano Benni, ma nessun altro è arrivato, sia pure per caso, in piazza del Pantheon o in piazza Mignanelli, laddove vigilavano sempre e soltanto Mario Segni e l'ex presidente della Consulta Caianiello, il pugile Nino Benvenuti e la referendaria ultrà Giuliana Olcese. Per lo storico Lucio Villari c'è di che riflettere sulle bizzarre e singolari circostanze che hanno spinto il 70 per cento degli italiani su posizioni opposte alle sue. I colpevoli, almeno, sono sotto gli occhi di tutti: «Pannella e i suoi compagni di partito. Non hanno capito che questa sollecitazione continua e costante irrita e stanca gli elettori».
Villari a trascinare ci ha provato, ma i trascinati sono stati pochi, anche perché - ed ecco individuato il colpevole numero due - «tutta l'informazione politica, quella che un tempo si sarebbe chiamata propaganda, era totalmente nelle mani degli avversari, col consapevole supporto della Rai». Individuati i colpevoli della massiccia defezione popolare, rimane da capire come mai la figura dell'Intellettuale Firmatario si sia rivelata, stavolta, davvero demodè. Villari sospira: «Sa, quando gli stessi politici si impegnano così e così...». Come «così e così»? Vuol dire forse che Veltroni e Folena non si sono impegnati?
«Certo, però continuavano a dire: sappiamo bene che il quorum non ci sarà. Ma che si fa così in politica?».
Ah, i bei tempi in cui tra intellettuali e referendum si stringevano affinità elettive, i tempi in cui tra Roma e Milano litigavano la presenza di Mario Segni a un garden party, a un cocktail, a un incontro «per carità non definitelo pranzo».
Correva il dicembre del 1991, Segni era appena stato ospite di Giulia Maria Crespi, «un incontro per capire come si può trasformare il volto delle istituzioni». Il referendum? diceva Giulia Maria, «può essere un piccolo inizio di rinnovamento» e il filosofo Salvatore Veca, benché più a sinistra, sognava lo sbarco di Segni a Milano: «Candidarlo qui indicherebbe che i dirigenti della Dc hanno intercettato il desiderio collettivo di cambiare pagina». La pagina, come si sa, fu poi voltata. Eccome, se è stata voltata, a Milano, quella pagina. Le milanesi oggi a voltarla di nuovo non ci credono più, «qui ci si vede solo tra di noi» il Bocca, la Rosellina (Archinto), la Milly (Moratti). A Milano, pare di capire, non c'è stata una singola, significativa iniziativa in favore del referendum e loro, gli intellettuali, i finanzieri illuminati, gli imprenditori del petrolio con mogli che non si danno per vinte rispetto al vittorioso Berlusconi, si sono sentiti in balìa del loro destino. Anche nei migliori pensatoi romani la delusione è forte.
Giuliana Olcese rivela un dato che le fu premonitore: «Ho capito che il quorum non ci sarebbe stato all'ultima manifestazione, a piazza Mignanelli. C'erano Occhetto, c'era Segni, ma non c'era Luigi Abete. Si vede che, avendo mangiato la foglia, ha preferito defilarsi. Non si sa mai: dovesse ritrovarsi candidato della coalizione di centro sinistra». Ma è stato Abete a commentare i dati in tv. Nove anni fa, comunque, era tutto un raccogliere firme. Per Mariotto. Da Carla von Stohler, sorella di Antonio Martino e come lui referendaria devota, rastrellavano firme su una preziosa scrivania Biedermeier, fine ' 800 e alla presenza del cancelliere: firmavano, allora, Domietta Del Drago e la duchessa Serra Capriolo, ma anche l'ingegner Filippo Fratalocchi, detto Pippo, titolare di premiata industria nel ramo armamenti. Dati forniti dai giornali dell'epoca. Autentico rappresentante della società civile, nel '91 l'ingegner Pippo si entusiasmò talmente per il referendum da imporre la raccolta delle firme pure ai suoi operai. Chissà se l'ingegnere questa volta li ha lasciati in pace.
Maria Latella

<<<<*>>>>

In Corriere.it CORRIERE DELLA SERA.it  Archivio  Corriere della Sera > Archivio > "Basta, chiudo il salotto, non avranno più neanche un piatto di minestra"

Corriere della Sera Archivio storico  9 febbraio 1999

L'ira della Olcese: mi hanno deluso tutti. Verusio furibonda: sindaci ingrati, li abbiamo creati noi.
Angelo e Melania Rizzoli: troppi galli nel pollaio

"Basta, chiudo il salotto, non avranno più neanche un piatto di minestra"

 ROMA - "Ingrati, ingrati, ecco cosa sono - scandisce Sandra Verusio, la marchesa più rossa di Roma - Rutelli, Cacciari... Se non li inventavamo noi, chi li votava? Cacciari, per carità, è una splendida intelligenza, ma di una supponenza... Compagno, compagno... Se va al ristorante persino al cameriere viene voglia di tirargli in testa il piatto con la minestra". Se Sandra Verusio si abbandona all'amarezza è solo perchè "non ne posso più di questa politica messa in moto dai rancori".
In tempi di rivalità tra Massimo e Romano, in questa massima e accelerata confusione lei, Verusio, non si sente confusa per niente: "Disperata sì, ma ho ben chiaro da che parte stare: col governo. Tutto quello che non lo sostiene è nemico".
Nemici, dunque, sono quelli che "non si rendono conto di come D'Alema stia portando avanti un disegno preciso, con coraggio e anche con umiltà. Non credo proprio che, in questi mesi, gli sia piaciuto parlare con Cossiga o, prima, portarsi a casa Di Pietro. L'ha fatto per allargare il consenso. E' vero, aver preso Di Pietro è stato un errore... Meglio, una necessità: se andava dall'altra parte sarebbe stato un guaio".
Ora che "dall'altra parte", sia pure dalla parte dei cugini, Di Pietro c'è comunque andato, Sandra Verusio ammette di sentirsi tradita e prontamente lo infila nel girone degli ingrati. Di lui dice: "Non lo conosco e non lo voglio conoscere, l'altra sera l'ho visto a Porta a Porta con Marini e quasi volevo ammazzarlo. Uno che parla da tribuno, che si rivolge direttamente "ai cittadini". Pericoloso, ecco". Sandra Verusio è amareggiata dagli attacchi che, per via diretta e indiretta, arrivano al presidente del Consiglio, "a D'Alema, che ogni minuto ne pensa una, con intelligenza: la Bicamerale, il governo... e in cambio riceve solo critiche, persino se porta in Vaticano i suoi bambini.
Lui un piano ce l'ha, un programma pure, mentre questi del Movimento dell'Ulivo non si capisce bene cosa vogliano, o meglio una cosa s'è capita: vogliono rompere le scatole". Dietrologie e rimpianti si intrecciano, di questi tempi, nei salotti che furono dell'Ulivo e ora non sanno bene a quale progetto votarsi.
Nell'incertezza, per dire, persino Giuliana Olcese ha chiuso baracca e burattini: "A casa mia, per ora, non voglio più nessuno. Neanche un piatto di minestra darò più". Olcese non è soltanto una fan della politica con annessa casa ospitale. E', come i giornali e i giornalisti sanno per via del suo incessante lavorio, un angelo del fax, un'infaticabile produttrice di comunicati, stilati a maggior gloria dell'Ulivo, del federalismo, dei sindaci riuniti in movimento.
Descriverla delusa è dire poco.
Giuliana Olcese è seccata, amareggiata, furibonda: "Con tutto quello che ho fatto, settecento sindaci ho portato a Prodi, un anno e mezzo di campagna gli ho regalato, fax, telefono, bollette, segretarie... Avevo deciso di dare al movimento dei sindaci per l'Ulivo venti milioni per cinque mesi, invece la campagna elettorale è durata un anno e mezzo. Faccia lei i conti".
Tesserata Pds nella sezione storica e assai ben frequentata di via de' Giubbonari (ci va pure Napolitano), Olcese non ha ancora rinnovato la tessera, sentendosi in parte lacerata e in parte un poco truffata. Da chi? Da Prodi e da Veltroni. Il primo, racconta, dopo tutto il lavoro da lei fatto sui sindaci, mai le fece giungere un grazie: "A parte una letterina di Arturo Parisi che, bontà sua, mi scrisse: "Nella vittoria dell'Ulivo lei ha il merito che ho io". Il secondo, Veltroni, è un presunto colpevole perchè, "adesso vuole fare le primarie, ma chi l'aveva inventato il Partito democratico? Lui. Con Prodi. Quei due cominciarono a pensare al nuovo partito il giorno dopo essere arrivati a Palazzo Chigi".
Perciò e pertanto, al momento, Giuliana Olcese ha chiuso il salotto e pure il fax "Quanto al voto del 13 giugno, voglio sentire una parola chiara da Prodi e da Veltroni. Poi sceglierò. Certo, D'Alema è odioso, antipatico, ma almeno non ha mai rotto le scatole inventandosi un Movimento".
Un altro ospitale appartamento romano chiude, non alla compagnia, ma alla noia dei discorsi sulle rivalità ulivistico - diessine. Un metaforico cartello ammonirà d'ora in poi gli ospiti di Angelo e Melania Rizzoli: "Qui non si parla di politica".
I padroni di casa sostengono che, ormai, la gente avverte prima "Guardate che se stasera si parla di politica non vengo". "I galli nel pollaio sono troppi e troppi sono pure i partiti. Ha ragione Amato, ognuno si sveglia e si fa il suo "Centopadelle" sospira il medico Melania.
Il marito, l'erede Rizzoli oggi produttore cinematografico, non vota dal '96 e niente fa pensare che possa cambiare idea "La politica mi suscita poca curiosità e molto distacco". Da spettatore annoiato, dunque, se proprio richiesto di esprimere una preferenza tra Prodi e D'Alema, Rizzoli se la cava così "La mia simpatia non va ne' all'uno, ne' all'altro. A D'Alema va la mia solidarietà. Abbiamo un governo e un sacco di cose da fare. Non mi piace vedere al lavoro tante piccole sanguisughe".
Maria Latella Latella Maria Pagina 11 (9 febbraio 1999) - Corriere della Sera

<<<<*>>>>

FAI, a Milano un gran galà per salvare la Villa dei Vescovi

Monumento nazionale donato al FAI da Vittorio Olcese

LBEROREPORTER - PADOVA - OTTOBRE 2006

 <*>

Racconta Giuliana D'Olcese - che ne è stata proprietaria e l'ha curata per ventuno anni fino al momento in cui, trasferitasi a Roma, ha ceduto la sua metà all'ex marito Vittorio Olcese -.
«Quando Vittorio ed io la comprammo in proprietà proindiviso, Villa dei Vescovi era in completa rovina, non c'erano nemmeno i vetri, poi la restaurammo, la arredammo in un sontuoso 'minimum style' e l'American National Society of Interiors Decorators Foundation conferì a me e Vittorio il Primo Premio per l'anno 1968 per il miglior restuaro nel mondo ed il miglior arredo di un Monumento d'Arte.
Trecento furono gli architetti, gli interiors decorators, i presidenti ed i rappresentanti della Fondazione che dagli Stati Uniti arrivarono in Italia per visitare Villa dei Vescovi e premiarci ufficialmente a Venezia all'Accademia Querini Stampalia».

«Uomini in smoking, - hanno scritto le pagine di La Repubblica - signore in lungo secondo il desiderio di un comitato promotore tutto al femminile messo insieme dalla presidente del FAI, Giulia Maria Mozzoni Crespi. Ne fanno parte Silvia De Benedetti, Stefania Alessandri, Natalia Aspesi, Elena Bazoli, Silvia Boeri, Laura Colnaghi, Emmanuelle De Benedetti, Lilli Gruber, Olivia Magnoni, Miuccia Prada, Giulia Puri e Sabina Ratti Profumo. Alla serata hanno dato la loro adesione, fra gli altri, personaggi del mondo dell'economia come Giovanni Bazoli, Carlo De Benedetti, Francesco Micheli, Alessandro Profumo e Carlo Puri Negri, della moda come Patrizio Bertelli e Mariuccia Mandelli, della cultura come Inge Feltrinelli, il giornalista Gad Lerner, l'architetto Gae Aulenti.
Quattrocento commensali, quaranta tavoli, 400.000 euro incassati per la partecipazione alla cena di gala da devolvere al restauro della cinquecentesca Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, in provincia di Padova. Al restauro di Villa dei Vescovi sarà destinato anche il ricavato dell'asta di Sotheby's che si è tenuta nella stessa serata nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, sala che il Comune di Milano ha messo a disposizione del FAI gratuitamente.
Villa dei Vescovi, disegnata e costruita fra il 1535 e il 1542 da Giovanni Maria Falconetto per il Vescovo di Padova Francesco Pisani, è una delle più belle ville del Veneto. «Quando la comprammo», racconta Giuliana D'Olcese che ne è stata proprietaria e l'ha curata per ventuno anni, «era in completa rovina, non c'erano nemmeno i vetri». Acquistata, restaurata e splendidamente arredata da Vittorio e Giuliana, la Villa, -distante un'ora dalla Biennale d'Arte di Venezia-, divenne crocevia di collezionisti, artisti, galleristi ed intellettuali nazionali ed internazionali come Peggy Guggenheim, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Otto Dix, Truman Capote, Luchino Visconti e tantissimi altri.
Ora, grazie al FAI che come i due ex proprietari la riaprirà al pubblico, la Villa tornerà a rivivere come la vivevano Vittorio, Giuliana e Carolina Olcese.

<<<<*>>>>

Ottobre 2006

Villa dei Vescovi http://www.finesettimana.it/villa.asp?id=00073

A pianta quadrata, fu costruita per volontà del Nobil veneziano Alvise Cornaro, collaterale di Caterina Cornaro Regina di Cipro, che ne commissionò il progetto architettonico a Giovanni Maria Falconetto ed al suo giovane apprendista di bottega Andrea Palladio. Per l'occasione Falconetto e Palladio si recarono a Roma e, dopo aver eseguito i rilievi architettonici delle maggiori antichità romane, progettarono il «Palazzo dei Vescovi».
Qualche anno dopo è ad Andrea della Valle che fu commissionato il progetto delle imponenti scalinate e terrazze che circondano l'intero complesso monumentale e che costituiscono un mirabile esempio architettonico di stile rinascimentale veneto che si distingue dalle Ville Venete per il suggestivo gioco di gradinate, terrazze, sottostanti fornici, un ninfeo e da un doppio ordine di bellissime arcate intervallate da eleganti paraste su cui poggia un fregio ornamentale del Vittoria ornato con metope, triglifi, bucrani e figure mitologiche in stucco bianco che si stagliano sul magico fondo rosa delle facciate in un magico effetto di luci ed ombre.
La barchessa, o rustico, ha un lungo porticato ad archi comprendente uno dei tre portali timpanati che si affacciano sul brolo recintato ed arricchito da tre portali monumentali ornati con lo stemma della famiglia Pisani che immettono in una splendida area all'italiana con un antico pozzo in marmo di Verona.
Il piano nobile e le splendide logge sono interamente affrescate con decorazioni floreali e paesaggi, vigneti, figure umane e scene mitologiche opera del pittore fiammingo Lambert Sustris, metà del sec. XVI, mentre il piano terra è caratterizzato dalle volte a botte e a vela, dalle finestre dette «a bocca di lupo», e da splendide vasche da bagno e lavabi in marmi colorati. Gioiello architettonico edificato nel '500, la Villa dei Vescovi donata al FAI da Vittorio Olcese, fu ceduta dal Vescovo di Padova Monsignor Bortignon e acquistata e interamente restaurata da Vittorio e Giuliana Olcese con il reciproco impegno che un giorno divenisse Bene pubblico culturale e museografico. Il complesso monumentale è recentemente divenuto «Bene del FAI» Fondo per l'Ambiente Italiano.
Come si raggiunge: In auto: A13 Bologna-Padova, uscita TermeEuganee, direzione Abano Terme fino a MontegrottoTerme, quindi indicazioni per Torreglia.

 <<<<*>>>>

Come salvare un Monumento d'Arte con il 5x100 devoluto al FAI
Un Monumento FAI da te
 La Villa dei Vescovi del Cardinal Francesco Pisani gioiello architettonico del XVI secolo
raccontata da Giuliana D'Olcese
Storia di un acquisto, di un restauro, di un amore eterno

*****

La Villa dei Vescovi, gioiello architettonico edificato nel '500 e donata al FAI da Vittorio Olcese, imprenditore, amante delle arti, collezionista, uomo politico e Sottosegretario al Consiglio dei Ministri nei due Governi Spadolini, fu venduta dal Vescovo di Padova Monsignor Bortignon e acquistata in comproprietà, e interamente restaurata con il contributo dell'Ente Ville Venete, da Vittorio e Giuliana Olcese con il reciproco impegno che un giorno divenisse Bene pubblico museografico e culturale. Vittorio affidò alla moglie Giuliana la supervisione dei lavori di restauro durati due anni, la cura, la scelta degli arredi e degli ornamenti e la regia scenografica della Villa. Già negli anni in cui Vittorio e Giuliana vi soggiornavano con la figlia Carolina la Villa era aperta al pubblico ed ospitava eventi pubblici, concerti, rappresentazioni teatrali, convegni letterari, mostre d'arte, artigianali, gastronomiche.
La Villa era frequentata da critici come Roberto Longhi, David Carret, Franco Russoli e Giuseppe Fiocco, artisti, commediografi e scrittori come Truman Capote, Gianni Testori, Pierpaolo Pasolini, Guido Piovene ed Elio Vittorini, architetti come Ignazio Gardella e Ludovico Caccia Dominioni, scultori come Henry Moore e Alberto Giacometti, pittori come Andy Warhol, Renato Guttuso e Francis Bacon, imprenditori ed editori come Giangiacomo Feltrinelli, Valentino Bompiani, Alberto Mondadori, Carlo Caracciolo e Nino Cerruti, politici italiani e stranieri, di destra e di sinistra da Sir Desmond e Lady Diana Guinness, fino ai repubblicani Ugo la Malfa e Giovanni Spadolini, da Gianni de Michelis a Sir Oswald Mosley - leader delle "Camicie nere" inglesi fondatore e capo della British Union of Fascists - con la leggendaria moglie, Lady Diana Mitford Mosley, scrittrice, detta da Winston Churchill «Lady Dinamite», ed editrice del Guinness of Records avendo sposato in prime nozze il miliardario Brian Walter Guinness. Lady Diana era tanto amica e ammiratrice del Führer che chiamò il suo bassotto «Svastica».
E inoltre da sua sorella Lady Deborah con il marito duca di Devonshire, «il Principe nero» Valerio Junio Borghese, già Comandante della X Flottiglia MAS e passato alla storia come autore de «il golpe dell'Immacolata», o «il golpe Borghese», Mario Capanna leader di Lotta Continua e i «terroristi» Toni Negri e Nanni Sabbatini fino a registi come Luchino Visconti, Beni Montresor e Nando Scarfiotti, attori come Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Claudia Mori e Adriano Celentano, e tante altre personalità che hanno segnato le cronache e la storia degli ultimi decenni.
La Villa dei Vescovi, i cui frontoni poggiano su maestose mezze colonne ioniche, è immersa nel verde dei Colli Euganei e fu edificata nel 1527 come residenza estiva del Patrizio veneziano Cardinal Francesco Pisani Vescovo di Padova.
A pianta quadrata, fu costruita per volontà del Nobil veneziano Alvise Cornaro, collaterale di Caterina Cornaro Regina di Cipro, che ne commissionò il progetto architettonico a Giovanni Maria Falconetto ed al suo giovane apprendista di bottega Andrea Palladio. Per l'occasione Falconetto e Palladio si recarono a Roma e, dopo aver eseguito i rilievi architettonici delle maggiori antichità romane, progettarono il «Palazzo dei Vescovi» a «pianta di Vitruvio» con cortile interno a cielo aperto, colonnato, arcate e loggette perimetrali ed un pozzo centrale alimentato dalle sorgenti degli Euganei.
Qualche anno dopo è ad Andrea della Valle che fu commissionato il progetto delle imponenti scalinate e terrazze che circondano l'intero complesso monumentale e che costituiscono un mirabile esempio architettonico di stile rinascimentale veneto che si distingue dalle Ville Venete per il suggestivo gioco di gradinate, terrazze, sottostanti fornici, un ninfeo e da un doppio ordine di bellissime arcate intervallate da eleganti paraste su cui poggia un fregio ornamentale del Vittoria ornato con metope, triglifi, bucrani e figure mitologiche in stucco bianco che si stagliano sul fondo rosa delle facciate in un magico effetto di luci ed ombre. Fu nel Settecento che il cortile interno fu chiuso per creare il tradizionale salone centrale veneziano e quattro nuove stanze.
La barchessa, o rustico, ha un lungo porticato ad ampi archi comprendente uno dei tre portali timpanati che si affacciano sul brolo recintato ed arricchito da tre portali monumentali ornati con lo stemma della famiglia Pisani che immettono in una splendida area all'italiana con un antico pozzo in mattoni di cotto e marmo di Verona. Il piano nobile e le splendide logge esterne sono interamente affrescate con decorazioni floreali e paesaggi, vigneti, figure umane e scene mitologiche opera del pittore fiammingo Lambert Sustris - metà del sec. XVI - mentre il piano terra, ove si avverte la pianta originale a «pianta di Vitruvio», è caratterizzato dalle volte a botte e a vela, dalle finestre palladiane dette «a bocca di lupo», dai resti dell'antico pozzo che era posto al centro del cortile interno in marmo rosa di Verona e da splendide vasche da bagno e lavabi in marmi colorati di Vicenza alimentati da getti d'acqua zampillanti da antiche maschere cinquecentesche in terracotta a bocca di leone. La Villa dei Vescovi, assai più che una villa veneta, ricorda le architetture del Rinascimento Romano come il Palazzo di Caprarola, la Villa Lante della Rovere a Bagnaia, entrambe in provincia di Viterbo, e il Palazzo Farnese a Roma.
Il complesso monumentale della Villa dei Vescovi è recentemente divenuto "Bene del FAI" Fondo per l'Ambiente Italiano e, in attesa di nuovi indispensabili restauri, le visite sono sospese. La riapertura è prevista entro il 2007.
Invito e proposta di Giuliana D'Olcese
La Villa dei Vescovi, il più grande amore artistico della mia vita, è stata per me un'occasione unica di poter riportare agli antichi splendori una grande opera d'arte.
Un Monumento italiano, e veneto, da salvare e tramandare ai posteri. Per non commettere errori filologici mi applicai giorno e notte allo studio de «I quattro Libri delle Architetture» di Andrea Palladio. Già l'acquisto della Villa fu una vera avventura. La Villa era bene della Chiesa perciò non alienabile ma, Monsignor Bortignon, una delle tante vittime di «Giuffrè il banchiere di Dio», avendo perso il patrimonio prestato al Giuffrè, patrimonio mai reso con gli interessi promessigli, fu costretto a venderla. La Curia di Padova, con quell'investimento, sperava di donare alla città l'asilo per bambini minorati o disabili.
E potrei raccontare delle mie visite in Vaticano per ottenere con l'aiuto di Novello Papafava, cugino di Giulio Sacchetti Cameriere segreto del Papa, «il rilascio» e l'uso della Villa. Bortignon l'aveva venduta senza l'autorizzazione del Vaticano e il Vaticano ci negava il permesso di entrarne in possesso.
Da quando la Villa fu edificata come residenza estiva del Vescovo di Padova Cardinal Francesco Pisani, sono stata la prima donna ad abitarla facendone un vero capolavoro di atmosfere e di regia tanto che l'Associazione degli architetti e degli interiors decorators USA mi assegnò il premio annuale per il miglior restauro nel mondo consegnatomi all'Accademia Querini Stampalia, Venezia, con una suggestiva cerimonia.
Tra architetti e interior decorators, vennero in Italia in trecentocinquanta con due aerei speciali e organizzarono una lunga sfilata di gondole con musici, serenate, corolle di fiori, cartelli del premio, il nome della Villa e i nomi di Vittorio Olcese e mio. Non si può immaginare quale avventura meravigliosa furono per me i restauri della Villa. Del magnifico edificio ricordo e conosco ogni pietra, ogni mattone, ogni tubo, ogni segreto. Tra muratori, idraulici, stuccatori, affrescatori, falegnami, maestri vetrai, maestri del marmo e intagliatori della pietra, vi lavorarono 60 operai al giorno per due anni. Ed io sempre la' con loro.
E, quando i restauri furono ultimati, reinventai la «Vita in Villa» come la aveva magnificata e immortalata il Ruzzante grande amico e maestro di vita di Alvise Cornaro. Scrive il Vasari: «Se vuoi vivere da Principe, vieni nel Palazzo dei Vescovi a Luvigliano».
Dalla Villa dei Vescovi passavano tutti e di tutto. Giulia Maria Crespi, ora Presidente del FAI, fu nostra ospite e se ne innamorò Una delle mie grandi gioie è stata che un'altra famiglia milanese sia entrata in possesso della Villa dei Vescovi perchè, anche se è del FAI, moralmente la Villa è molto di Giulia Maria.
E lei ha il grande merito di averla salvaguardata rendendola al mondo come volemmo Vittorio Olcese ed io che, quando la acquistammo, decidemmo di comune accordo che l'avremmo lasciata in eredità ad una Fondazione o allo Stato perchè si conservasse per sempre. Perchè il sogno, e non solo quello di Villa dei Vescovi, continui, si può aderire al al FAI e all'appello "un Monumento FAI da te xTe" contribuendo così a salvare il patrimonio artistico dell'Italia più bella senza rinunciare a destinare l'8x1000 allo Stato o alle Confessioni religiose. Il 5x1000, infatti, non sostituisce in alcun modo l'8x1000.
Giuliana D'Olcese

<<<<*>>>>

Milano, il gran galà del Fai salva la Villa dei Vescovi

«Quando la comprammo», racconta Giuliana D'Olcese che ne è stata proprietaria per ventuno anni, «era in rovina, non c'erano nemmeno i vetri».

 

 La Repubblica - 20 ottobre 2006 pagina 41 sezione: CRONACA
MILANO - Quattrocento commensali, quaranta tavoli, 400.000 euro incassati solo per la partecipazione alla cena di gala, tutti da devolvere al restauro della cinquecentesca Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, in provincia di Padova. Ieri sera, per una delle sue iniziative di conservazione del patrimonio artistico, il Fai, Fondo per l'ambiente italiano, ha scelto per una volta un'occasione mondana, di quelle che a Milano un tempo aprivano, in autunno, la stagione dei ricevimenti.
Al restauro della Villa dei Vescovi sarà destinato anche il ricavato dell' asta battuta da Sotheby's che si è tenuta ieri nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, sede del ricevimento. Uomini in smoking, signore in lungo, secondo il desiderio di un comitato promotore tutto al femminile, messo insieme dalla presidente del Fai, Giulia Maria Mozzoni Crespi. Ne fanno parte Silvia De Benedetti, che lo presiede, Stefania Alessandri, Natalia Aspesi, Elena Bazoli, Silvia Boeri, Laura Colnaghi, Emmanuelle De Benedetti, Lilli Gruber, Olivia Magnoni, Miuccia Prada, Giulia Puri e Sabina Ratti Profumo.
Alla serata hanno dato la loro adesione, fra gli altri, personaggi del mondo dell'economia come Giovanni Bazoli, Carlo De Benedetti, Francesco Micheli, Alessandro Profumo e Carlo Puri Negri, della moda come Patrizio Bertelli e Mariuccia Mandelli, della cultura come Inge Feltrinelli, il giornalista Gad Lerner, l'architetto Gae Aulenti. Alcuni di loro hanno donato dei ricordi personali da battere all'asta. Asta che ha visto il battitore di Sotheby's coadiuvato da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. Un contributo è giunto dallo stesso Comune di Milano, che ha messo a disposizione gratuitamente la Sala delle Cariatidi. Villa dei Vescovi, costruita fra il 1535 e il 1542 per la Curia padovana, è una delle più belle ville del Veneto.
«Quando la comprammo», racconta Giuliana D'Olcese che ne è stata proprietaria per ventuno anni, «era in rovina, non c'erano nemmeno i vetri». Restaurata, la Villa divenne crocevia di artisti e intellettuali. Ora, nuovamente bisognosa di cure, tornerà a rivivere grazie al Fondo per l'ambiente, che dal 2007 l'aprirà al pubblico.

 <<<<*>>>> 

«Villa dei Vescovi, un'osmosi continua»,

 1968: Primo Premio dell'anno per il miglior restauro e arredo nel mondo
di un Monumento d'Arte, in una nota di Giuliana D'Olcese

«Donandola al FAI abbiamo rispettato il desiderio di papà così che la villa possa essere aperta al pubblico» ha infatti dichiarato alla stampa Pierpaolo Olcese figlio del secondo matrimonio di Vittorio Olcese.

 La Villa dei Vescovi fatta erigere dal Cardinal Francesco Pisani nel XVI secolo donata al FAI da Vittorio Olcese
Un Monumento innalzato su un terrapieno che domina i Colli Euganei acquistato e fatto restaurare da Vittorio e Giuliana Olcese nel 1962

Villa dei Vescovi, un'osmosi continua

Intervista a Elisabetta Saccomani
di Luca de Leone pubblicata sul sito internet del FAI Fondo Ambiente Italiano

Una sensazione di diletto e rassicurazione dai mali quotidiani. Queste le emozioni che gli splendidi affreschi di Villa dei Vescovi a Luviglaino (PD) realizzati da Lamberto Sustris sono in grado di suscitare ai visitatori. Come sottolinea Elisabetta Saccomani, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università degli Studi di Padova, il ciclo di affreschi recentemente restaurato dal FAI “è di grandissima importanza perché, in un periodo in cui Padova si poneva all'avanguardia nella diffusione del linguaggio della Maniera centroitaliana, anticipò e contribuì all'esplosione del fenomeno della decorazione delle ville nel Veneto”.
La luce del sole penetra dalle finestre fino a sfiorare i paesaggi dipinti che sfondano illusionisticamente le pareti e si aprono nelle finte arcate delle logge che duplicano quelle reali, in un'osmosi continua tra interno ed esterno. L'aria risuona di antichità classica, rievocata dai trofei, le finte statue nelle nicchie, le grottesche. Ieri, come oggi, gli splendidi affreschi di Villa dei Vescovi a Luvigliano (PD) sono in grado di infondere in chi li guarda una sensazione di diletto e rassicurazione dai mali quotidiani della vita cittadina, spingendo a quel prezioso “otium” e alle passeggiate filosofiche raccontati da Vitruvio.
Una magia moderna resa possibile dall'impegnativo lavoro di restauro realizzato grazie al sostegno di Arcus e affidato dal FAI a Pinin Brambilla Barcilon, che ha permesso di riportare all'originario splendore il ciclo di affreschi a opera dell'olandese Lamberto Sustris, emersi da un oblio di secoli a metà degli anni '60, quando Vittorio Olcese acquistò la Villa padovana progettata da Giovanni Maria Falconetto e la fece restaurare.
Provate da oltre quattro secoli di storia e gravemente mutilate da un lavoro di ristrutturazione molto cospicuo e pesante a metà del Settecento, che aveva sacrificato vaste porzioni degli affreschi a vantaggio di una redistribuzione degli spazi, le pitture si presentavano in una situazione piuttosto grave, con sollevamenti, strati di sporco, cadute e forti alterazioni cromatiche. Grazie all'intervento del FAI, è stato possibile far emergere le pitture originali, restituendo buona leggibilità al ciclo di affreschi.
Un ciclo che, come spiega Elisabetta Saccomani, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università degli Studi di Padova e membro del comitato scientifico istituito dal FAI per l'occasione, “è di grandissima importanza perché, in un periodo in cui Padova si poneva all'avanguardia nella diffusione del linguaggio della Maniera centroitaliana, anticipò e contribuì all'esplosione del fenomeno della decorazione delle ville nel Veneto. Un fenomeno che avrà il suo culmine negli affreschi di Paolo Veronese a Maser, nella marca trevigiana, e che si basava sulla grande sintonia tra architettura e decorazione, tra esterni e interni, all'insegna di un sapore antichizzante molto forte e dichiarato. Pressoché unica testimonianza rimasta delle decorazioni di villa degli anni quaranta del Cinquecento, il ciclo di affreschi di Villa dei Vescovi esprime proprio questa assoluta sintonia tra la villa e il luogo incontaminato tra i colli Euganei in cui è immersa”.
Non è un caso che, probabilmente convocato da Alvise Cornaro, amministratore della curia padovana, fu proprio un artista come Lamberto Sustris a decorare la Villa di Luvigliano, dispiegando sulle pareti tutti i motivi decorativi propri del repertorio ornamentale di gusto classicistico, messo a punto e fatto rivivere da Raffaello a Roma, e diffuso poi a Genova da Perin del Vaga e a Mantova da Giulio Romano.
“Lamberto Sustris - conferma Elisabetta Saccomani - era l'interprete ideale per affrescare una villa così all'antica. L'artista olandese, pittore moderno alfiere del raffaellismo che era stato da poco in visita a Roma, fu un interprete molto originale, capace di realizzare continue variazioni sul tema, fondendo il paesaggio romano vitruviano, con l'inserzione di rovine della Roma antica immerse nella natura, con il paesaggio più arcadico e agreste di Tiziano.
Una fusione che costituì un elemento di novità e di fascino”.
Il tema del paesaggio, molto praticato nell'antichità, era stato resuscitato da Raffaello nel contesto di un generale recupero delle tipologie decorative antiche, scaturito dalla scoperta della Domus Aurea di Nerone. “Proprio a partire da Sustris - conclude la Saccomani - il tema del paesaggio diventa un elemento qualificante di quel revival dell'antico, che permea tutta la cultura artistica dei decenni centrali del Cinquecento nel campo specifico delle decorazioni parietali della villa”. Un tema che, dunque, si sposa alla perfezione con il compito pensato originariamente per Villa dei Vescovi: un luogo dove coltivare le necessità dell'intelletto, un rifugio di pace e tranquillità armoniosamente immerso nella natura.

<<Nota all'articolo di Luca de Leone di Giuliana D'Olcese de Cesare>>
La Villa dei Vescovi magicamente poggiata su di una altura dei Colli Euganei, in località Luvigliano di Torreglia, Padova, nel 1962 fu venduta dal Vescovo di Padova Monsignor Bortignon a Vittorio Olcese e a Giuliana Olcese de Cesare - allora moglie di Vittorio - come ''Proprietà pro indiviso'' con atti del notaio Giuseppe Salce della Curia di Padova.«Donandola al FAI abbiamo rispettato il desiderio di papà così che la villa possa essere aperta al pubblico» ha infatti dichiarato alla stampa Pierpaolo Olcese figlio del secondo matrimonio di Vittorio Olcese.
>La Villa fu restaurata interamente con la supervisione dell'Ente Ville Venete, presidente il marchese Boso Roi, ente che, oltre ad un mutuo ciascuno, erogò a Vittorio e Giuliana un fondo perduto per il restauro degli affreschi consistente in 19 milioni di lire diviso in 9 milioni e mezzo a ciascuno dei due contraenti.
Gli atti notarili inerenti la compravendita ed il contributo erogato dall'Ente trovansi presso le Conservatorie di Padova e di Venezia.
Per il restauro dell'intero ciclo degli affreschi, interni ed esterni, ed in concerto tra Ente e proprietari, fu scelto il 'Metodo filologico' (le parti mancanti, infatti, non vennero ricostruite proprio per evitare, negli anni, l"'effetto distacco" tra parti originali e parti ricostruite e ridipinte) ed il lavoro di restauro fu affidato all'equipe degli allievi restauratori del Professor Tiozzo dell'Accademia di Venezia.
Il restauro degli splendidi stucchi opera di Alessandro Vittoria, che con bucrani, metope e triglifi, ornano timpani, arcate e colonnati delle tre facciate principali della Villa, fu opera dei Maestri stuccatori della Scuola di Vicenza.
I lavori di risistemazione muraria furono affidati all'architetto Marcello Checchi e seguiti passo per passo da Giuliana Olcese che a restauro ultimato ideò, scelse e realizzò l'intero arredo della Villa.Restauro e arredo che nel 1968 meritarono dall'American National Society of Interiors Decorators Foundation il Primo Premio per il miglior restauro ed il miglior arredo nel mondo di un Monumento d'Arte
Trecento, tra architetti, interiors decorators, presidenti e rappresentanti della Fondazione che dagli Stati Uniti arrivarono in Italia per visitare Villa dei Vescovi. Poi tutti a Venezia per la consegna ufficiale del premio a Vittorio e Giuliana Olcese che avvenne all'Accademia Querini Stampalia.
Famose nel mondo le stanze da bagno della Villa realizzate con antiche vasche in marmo giallo di Vicenza e antichi lavabi in marmo rosso di Verona ornati da rubinetterie e mascheroni rinascimentali. Stanze da bagno realizzate laddove, antecedentemente ai restauri Olcese, esistevano soltanto file di latrine alla turca.
E fu proprio con l'imponente restauro degli anni 62-65 che fu scoperta la pianta originale della Villa progettata da Giovanni Maria Falconetto.
Valsosi, infatti, della collaborazione del suo allievo preferito, l'allora diciottenne Andrea Palladio con cui si recò a Roma per disegnarne i rilievi delle antichità, Falconetto progettò e costruì la Villa a Pianta di Vitruvio. Con cortile interno a cielo scoperto, impluvio e pozzetto centrale in marmo rosso di Verona e due loggette simmetriche alle due grandi logge esterne splendidamente affrescate da Lamberto Sustris e dai suoi allievi.
Il grande restauro dI Villa dei Vescovi voluto, commissionato e curato da Vittorio e Giuliana Olcese, fu festeggiato e inaugurato con un gran ballo svoltosi nella notte di Capodanno con il passaggio dal 1964 all'anno 1965.

 

Indietro || Home

www.villadeivescovi.net