Apprendiamo con sdegno, ma senza sorprenderci, che il direttivo SVP
si è pronunciato per il no al referendum provinciale del 25 ottobre
2009, che si propone di applicare più compiutamente - anche a
livello della provincia di Bolzano - il dettato del Comma 2 dell’art.
1 della Costituzione: «La sovranità appartiene al popolo…»
non mancando di osservare aprioristicamente che si tratta, allo stato
attuale, d’una «sovranità» inesistente. Il fatto
che esistano i partiti politici (vedasi nello specifico il SVP) non
è in alcun modo un motivo per conservarli. Lo affermava già
nel 1943 Simone Weil. Soltanto il bene è un motivo legittimo
di conservazione. Il male dei partiti politici salta agli occhi. La
questione da esaminare è se ci sia in essi un bene che abbia
la meglio sul male e renda così la loro esistenza desiderabile. Ma
è molto più sensato chiedersi: c'è in loro anche
solo una particella infinitesimale di bene? Non sono forse un male allo
stato puro, o quasi? Se sono un male, è certo che nei fatti
e nella pratica non possono produrre altro che male. È un articolo
di fede. «Un albero buono non può produrre frutti cattivi,
né un albero cattivo produrre frutti buoni». Ma bisogna
innanzitutto riconoscere quale sia il criterio del bene. Non può
essere rappresentato che dalla verità, dalla giustizia e, in
seconda battuta, dall'utilità pubblica. La democrazia, il
potere della maggioranza non sono un bene. Sono mezzi in vista del bene,
stimati efficaci a torto o a ragione. Se la Repubblica di Weimar, al
posto di Rider, avesse deciso, per vie più rigorosamente parlamentari
e legali, di mettere gli ebrei nei campi di concentramento e di torturarli
con metodi raffinati fino alla morte, le torture non avrebbero avuto
un atomo di legittimità in più di quanta ne abbiano adesso.
E un tale fatto non è in alcun modo inconcepibile. Solo ciò
che è giusto è legittimo. Il crimine e la menzogna non
lo sono in nessun caso. Quando la SVP sostiene che l’approvazione del
quesito referendario provinciale del 25 ottobre «paralizzerebbe
una politica efficace e di rapido intervento», fa delle affermazioni
che secoli di democrazia nella vicina Svizzera smentiscono. Il nostro
ideale repubblicano deriva interamente dalla nozione di volontà
generale dovuta a Rousseau. Ma il senso della nozione è andato
perso quasi immediatamente, perché il concetto è complesso
e richiede un grado di attenzione elevato. L’attuale strategia dei
partiti politici, SPV compreso, si configura come una conquista della
democrazia attraverso l’eliminazione delle strutture di garanzia: la
separazione dei poteri e i controlli giuridici e politici. Nessuno si
dichiara dittatore. Tutti fanno finta di essere democratici. Ma non
lo sono. La California è patria della democrazia diretta (e
tuttavia non è la sola). Il «Parlamento» più
grande del mondo chiama alle urne ogni due anni 15 milioni di elettori-deputati.
Basta raccogliere le firme del 5% degli aventi diritto per promuovere
una consultazione, varare, abolire o emendare leggi, diminuire le tasse,
tagliare la spesa pubblica, elevare il salario minimo. Non ci sembra
- come afferma la SVP - che ciò «paralizzi una politica
efficace e di rapido intervento». abbiamo ascoltato anche troppe
dichiarazioni di partiti politici e politicanti che assomigliano “filosoficamente”
alle dichiarazioni della SVP. Essi affermano che, sotto la Costituzione
italiana, sia quantomeno possibile per un uomo essere al contempo l’aderente
ad un partito politico, un rappresentante del popolo, un legislatore
ed un uomo onesto. Questa proposizione implica come minimo che si
consideri possibile che circa mille uomini (i parlamentari, ma nel nostro
caso molti di meno, ovverosia la dirigenza del SVP) siano investiti,
attraverso un qualche processo, del diritto di creare da soli delle
leggi - cioè leggi e/o deliberazioni interamente di propria invenzione
- e come tali necessariamente distinte dalla legge di natura, o dai
principî della giustizia naturale, e che queste leggi e/o deliberazioni
di loro creazione siano realmente obbligatorie per il popolo italiano
ed altoatesino, e che per tale motivo il popolo possa essere legittimamente
costretto ad obbedirvi. La dirigenza della SVP (ed i partiti politici
italiani in genere) parte dal presupposto che il diritto di dominio
arbitrario - cioè il diritto di farsi da soli le leggi e di imporne
l’obbedienza - sia un «incarico fiduciario» delegato a coloro
che attualmente esercitano quel potere. Loro lo chiamano «l’incarico
del potere pubblico». Tuttavia, costoro sono in errore quando
suppongono che un tale potere sia mai stato delegato, o possa mai essere
delegato, da un qualche gruppo ad un altro gruppo di uomini. Una tale
delega di potere è naturalmente impossibile, per le seguenti
ragioni: 1. Nessuno può delegare o concedere ad altri alcun
diritto di dominio arbitrario su se stesso, perché sarebbe come
darsi in schiavitù. E questo nessuno lo può fare. Ogni
contratto che preveda ciò è necessariamente assurdo e
non ha alcuna validità. Chiamare tale contratto «Costituzione”
o in qualunque altra maniera altisonante non altera la sua caratteristica
di contratto assurdo e nullo. 2. Nessuno può delegare o concedere
ad altri alcun diritto di dominio arbitrario su una terza persona, perché
ciò comporterebbe il diritto della prima persona non solo a fare
del terzo il suo schiavo, ma anche di disporne come uno schiavo a favore
di altre persone. Ogni contratto che stabilisca questo è necessariamente
criminale, e come tale invalido. Chiamare tale contratto «Costituzione”
nulla toglie alla sua criminalità, nulla aggiunge alla sua validità. Questo
fatto, che nessun uomo può delegare o cedere il proprio o altrui
diritto naturale alla libertà, dimostra che non si può
delegare ad un uomo o a un gruppo di uomini alcun diritto di dominio
arbitrario - o, il che è la stessa cosa, nessun potere legislativo
e/o deliberativo - su se stessi o su qualcun altro. Bisogna invertire
la tendenza autoritaria e dilapidatrice sia economica che della sovranità
popolare, ed il quesito referendario del 25 Ottobre in Provincia di
Bolzano, inserisce un grimaldello nella blindatura oligarchica d’una
partitocrazia sempre più spregiudicata e distante dalle aspettative
del cittadino-elettore-contribuente. Enzo Trentin Vicenza
10 settembre 2009 p. Comitato per i diritti dei cittadini - Vicenza
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La Costituzione è un insieme di regole che stabilisce
il ruolo che lo Stato deve avere nei confronti della vita di ogni associato
(cittadino, persona, individuo). Una Costituzione, se definita democratica
(art. 1 Costituzione italiana, per esempio) può essere fondata
in due diversi modi: tenendo in considerazione i "diritti"
ed i "valori", oppure i "bisogni" ed i "fatti". Diritti
e valori lasciano la porta aperta a diverse e talvolta contrapposte
interpretazioni. I Valori di Di Pietro, ad esempio, molto difficilmente
saranno i Valori di Berlusconi ed i Diritti dell'uomo e del cittadino
stabiliti sessanta anni fa nella famosa Carta, sono ben diversi dai
Bisogni dell'uomo e del cittadino; la fame non può essere soddisfatta
dai "diritti" come dimostra la realtà dell'Africa,
ma dalla soddisfazione dei "bisogni". Valori e diritti,
infatti, sono concetti filosofici, che ognuno interpreta a modo suo,
fatti e bisogni, in quanto misurabili e verificabili, si avvicinano
ai concetti scientifici. Ciò considerato dobbiamo scegliere,
per prima cosa, quale dei due tipi di Costituzione si dimostra
conveniente ed utile per le persone per garantire agli esseri umani
ed alle future generazioni, la pace, la sicurezza, la giustizia, la
giusta libertà, la giusta autorità, il controllo del potere
che discende dalla politica, un certa eguaglianza, ed il benessere. Possiamo
considerare la domanda osservando due esempi concreti di forma di stato
e di governo: da una parte la Costituzione italiana, fondata
sui concetti filosofici dei diritti e dei valori dei cittadini; dall'altra
la Costituzione Svizzera, fondata sui fatti e sui bisogni delle
persone. Chi conosce bene i due paesi, può fare un confronto:
da una parte (l'Italia) la produzione di una grande quantità
di ricchezza prodotta per le incredibili capacità di iniziativa
e di lavoro di una parte considerevole del popolo, dalla varietà
e bellezza dell'ambiente naturale, dall'arte, dalla storia e dalle risorse
naturali, ma nessuna possibilità del Popolo di esercitare la
SOVRANITA' sui FATTI, e di conseguenza mancanza di CONTROLLO del POTERE
che discende dalla politica e chiacchiere, menzogne ed enormi perdite
di tempo per parlare di valori e di diritti che spesso si trasformano
in truffe di Democrazia. Di conseguenza: disordine, spreco, insicurezza,
privilegi, burocrazia enorme ed inutile tesa a frenare la libera iniziativa,
servizi inefficienti, giustizia iniqua e lenta, caste, e chi più
ne ha più ne metta. Dall'altra (la Svizzera), un
paese poverissimo di risorse naturali, dove il popolo può legiferare.
In pratica: esercitare la SOVRANITA' sui FATTI che riguardano tutte
le Persone secondo le competenze attribuite dal popolo ai diversi livelli
istituzionali. Di conseguenza: controllo popolare del potere che discende
dalla politica, ordine, sicurezza, controllo popolare della burocrazia,
controllo popolare dell'efficienza dei servizi, garanzia della libera
iniziativa, scarsa burocrazia, eliminazione degli sprechi, servizi sociali
efficienti, eliminazione della povertà, rari e limitati privilegi,
etc. La scelta sembrerebbe facile. Ma... lo stesso POTERE, incarnato
attualmente in persone note appartenenti a tutti i partiti politici
che difendono la Costituzione, legato ai PRIVILEGI che la stessa
ha abbondantemente procurato ai suoi osannatori, rifiuta questa analisi
e si trincera velatamente dietro il fatto che il POPOLO non può
governarsi per la sua cronica ignoranza e deve essere governato dai
migliori. I migliori, poi, li scelgono i PARTITI. Se non ci fosse
da piangere, ci sarebbe da scompisciarsi dalle risa! Ebbene, qui
facciamo un ulteriore esempio derivato dalla storia: quando i Padri
della Costituzione americana dovettero darsi un governo abbastanza forte
da garantire la sicurezza dell'intero Paese per il futuro, fornirono
la seguente soluzione a questo problema: trasformarono la QUESTIONE
DELLA SOVRANITÀ in una questione di POTERI e del loro corretto
esercizio, che si riassunse nella domanda: “CHI ha il potere di fare
COSA”, ovvero a chi appartiene la sovranità dello stato e Chi
la deve esercitare su Cosa. A noi piace rispondere: il POPOLO deve
avere il potere di LEGIFERARE a maggioranza sui fatti, sui bisogni e
sulle aspettative che riguardano la vita di ognuno. Questo potere
è la SOVRANITA' POPOLARE che porta ad una Costituzione di GARANZIA
deliberata sulla base dei FATTI e dei BISOGNI, mediante lo STRUMENTO
giuridico del REFERENDUM legislativo (livello nazionale) e deliberativo
(livello locale), delle proposte di legge d’iniziativa popolare, il
diritto di revoca dei rappresentanti eletti ed altro ancora, ovvero
mediante CONTRATTI POLITICI il cui contenuto è LEGGE dello Stato,
proprio come avviene nella vicina Svizzera dove solo il popolo può
fare e modificare la sua Costituzione (art. 195 Cost. Svizzera:
«La Costituzione federale interamente o parzialmente riveduta
entra in vigore con l'accettazione del Popolo e dei Cantoni».)
e le Leggi che riguardano tutti. Qui, dunque, le cose sono due: o
sbaglia chi afferma che il popolo non ha diritto a farsi la sua Costituzione
e le sue leggi, oppure sbagliamo noi che sosteniamo questo bisogno come
inviolabile, inalienabile, imprescrittibile ed illimitabile quale GARANZIA
di Democrazia e di libertà per noi e per le generazioni future. Ma
siamo solo noi a sostenerlo? DANIEL J. ELAZAR, in «Idee
e forme del federalismo», Ed. di Comunità, p. 91),
scrive: «La sovranità, nelle repubbliche federali, viene
inevitabilmente attribuita al popolo, che delega i propri poteri ai
diversi governi, o che si accorda per esercitare direttamente quei poteri
come se esso stesso fosse il governo. Il popolo sovrano può delegare
e dividere i poteri come meglio crede, ma la sovranità rimane
sua proprietà inalienabile. Ne consegue che nell'esame dei governi
federali il problema della sovranità non compare; si presenta
solo la questione del potere. Nessun governo (o per estensione nessuna
carica) può ritenersi "sovrano" e quindi credere di
avere poteri illimitati, residuali o ultimi... Quindi il principio federale
rappresenta una alternativa (e un radicale attacco) alla moderna idea
di sovranità». Non è difficile, da qui, giungere
alla conclusione che il federalismo, in quanto idea di stato fondata
sulla Sovranità popolare e sulla Democrazia intesa come governo
popolare (Democrazia Diretta), si oppone al concetto di stato
moderno, reificato, sovrano [si pensi a Giovanni Gentile: «Lo
Stato è tutto e l’individuo è nulla.», accentrato
ed indivisibile, basato sulla rappresentanza integrale, quale oggi è
il modello costituzionale della Repubblica Democratica che hanno voluto,
pur in un momento molto difficile, i costituenti del 1948. La
Democrazia è lo strumento della Sovranità popolare. Senza
Democrazia non può esserci Sovranità popolare. Senza Sovranità
popolare non esiste la Democrazia. I partiti politici Per
valutare i partiti politici secondo il criterio della verità,
della giustizia, del bene pubblico, conviene cominciare distinguendone
i caratteri essenziali. È possibile elencarne tre: Un partito
politico è una macchina per fabbricare passione collettiva. La
passione collettiva è un impulso al crimine e alla menzogna infinitamente
più potente di qualunque passione individuale. In questo caso
gli impulsi nocivi, lungi dal neutralizzarsi, si innalzano vicendevolmente
all’ennesima potenza. La pressione è quasi irresistibile, tranne
che per i santi autentici. Un partito politico è un'organizzazione
costruita in modo da esercitare una pressione collettiva sul pensiero
di ognuno degli esseri umani che ne fanno parte. Il fine primo e,
in ultima analisi, l'unico fine di qualunque partito politico è
la sua propria crescita, e questo senza alcun limite. Per via di
questa tripla caratteristica, ogni partito è totalitario in nuce
e nelle aspirazioni. Se non lo è nei fatti, questo accade solo
perché quelli che lo circondano non lo sono di meno. Queste tre
caratteristiche sono verità di fatto, evidenti a chiunque si
sia avvicinato alla vita dei partiti. Quanto alla terza caratteristica
dei partiti, ossia il fatto che sono macchine per fabbricare passioni
collettive, è così evidente che non merita di essere spiegata. La
passione collettiva è l'unica energia di cui dispongono i partiti
per la propaganda diretta all'esterno e per la pressione esercitata
sull'anima di ogni membro. Si ammette che lo spirito di partito
acceca, rende sordi alla giustizia, spinge anche le persone oneste all'accanimento
più crudele contro gli innocenti. Lo si ammette, ma non
si pensa a sopprimere gli organismi che fabbricano un tale spirito. Ciononostante,
si vietano gli stupefacenti. La conclusione è che l'istituzione
dei partiti sembra proprio costituire un male senza mezze misure. Sotto
i loro artigli, lo Stato è diventato uno spazio vuoto, pieno
solo del denaro dei contribuenti, una res nullius esposta al saccheggio. Per
pensare a un rimedio, bisognerebbe essere capaci di ripensare radicalmente
la democrazia. E avere il coraggio di pensare a una democrazia senza
partiti. A proporre una democrazia libera dai partiti fu non già
un dittatore, ma Simone Weil. Incaricata dal governo di Charles
De Gaulle in esilio, durante la guerra [1943], di elaborare una
forma di costituzione per la Francia futura, essa pensò in modo
radicalmente nuovo, a come garantire la libertà da ogni limite:
e l’esistenza di partiti era, per lei, il limite più insidioso. Il
risultato del suoi pensieri è scritto nel suo libro: «L’enracinement»
(nell’edizione italiana, «La prima radice», ma si
veda anche il «Manifesto per la soppressione dei partiti politici»).
Vi si legge: «Dovunque ci sono partiti politici, la democrazia
è morta. Non resta altra soluzione pratica che la vita pubblica
senza partiti». Bisogna creare un'atmosfera culturale tale,
dice Simone, che «un rappresentante del popolo non concepisca
di abdicare alla propria dignità al punto da diventare membro
disciplinato di un partito». Simone Weil respinge l’obiezione
che l’abolizione dei partiti avrebbe colpito la libertà di associazione
e di opinione. «La libertà d’associazione è,
in genere, la libertà delle associazioni», contro quella
degli esseri umani. Infatti, «la libertà d’espressione
è un bisogno dell’intelligenza, e l’intelligenza risiede solo
nell’essere umano individualmente considerato. L’intelligenza non può
essere esercitata collettivamente, quindi nessun gruppo può legittimamente
aspirare alla libertà d’espressione». Allo stesso modo,
in nome della libertà di pensiero, Simone Weil si augurava il
controllo della libertà d’opinione. E la repressione, in casi
determinati, della stessa libertà di stampa. «Le pubblicazioni
intese a influire sull’opinione, ossia sulla condotta di vita, sono
azioni vere e proprie, e debbono essere sottoposte alle medesime restrizioni
a cui sono sottoposte le azioni illegali e immorali». Nel moderno
sistema della comunicazione dominato da uno sviluppo tecnologico senza
precedenti (pensiamo all’odierno Internet che in prospettiva potrebbe
persino rendere inutile il lavoro giornalistico), il giornalista resta
un guardiano della verità, e la verità è cosa alquanto
difficile da determinare. Ecco perché non ci resta che attenerci,
ad ogni costo, ai fatti. Che sono i mattoni della verità. «La
pubblicità deve essere rigorosamente limitata per legge; le deve
essere rigorosamente vietato di occuparsi di quanto concerne l’attività
intellettuale». «Allo stesso modo, può esistere
una repressione contro la stampa e le trasmissioni radio, non solo se
vìolino i princìpi della morale pubblicamente riconosciuta,
ma per la bassezza del tono e del pensiero, per il cattivo gusto, per
la volgarità, per l’atmosfera morale sornionamente corruttrice». Simone
Weil era ingenua? Molti credono di No! Fu allieva di Emile Chartier,
più noto con lo pseudonimo di Alain, che la considerava
una delle menti più brillanti della sua generazione, una «riformista
rivoluzionaria». André Breton richiede sul quotidiano
«Combat», n.1803, 21 aprile 1950 che «il “Manifesto
per la soppressione dei partiti politici» sia pubblicato e destinato
alla maggiore diffusione possibile», cosa che non avverrà. Voleva
una repubblica fondata non sui «diritti», ma sull’«obbligo». «L’adempimento
effettivo di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli
altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa». «Obbligo»
è non negare agli altri uomini quelli che Simone Weil chiama
«i bisogni dell'anima». Bisogni che si devono distinguere
dai «capricci, i desideri, le fantasie, i vizi». Tra
i bisogni dell’anima che ciascuno è obbligato a riconoscere agli
altri (e incondizionatamente: «Chi, per semplificare i problemi,
nega certi obblighi ha concluso nel suo intimo un patto col male.»)
per Simone Weil non ci sono dunque i PACS, le nozze gay e la clonazione.
Quelli sono «capricci e fantasie». Dei bisogni veri, indispensabili,
Simone ha stilato una lista inaudita: che va dalla «proprietà
privata» alla «gerarchia», dall’«onore»
alla «punizione». Sì, l’uomo ha bisogno di punizione. «Il
solo modo di testimoniare rispetto a chi si è posto fuori della
legge», scrive Simone, «è reintegrarlo nella legge
sottoponendolo alla punizione che essa prescrive. Il sistema penale
deve destare nel delinquente il sentimento della giustizia mediante
il dolore o, se occorre, persino la morte». Come si vede, siamo
agli antipodi della giustizia di manica larga del Paese di Pulcinella. Certo
il progetto di Simone Weil, nella sua radicalità, parrà
inattuabile. Forse lo è. Ma bisogna almeno ripensare così
radicalmente, per non ridurci vittime passive della partitocrazia, dei
gangster, delle mafie, delle inefficienze, della tassazione persecutoria,
e degli ignoranti estremi che li mettono al potere, e se ne fanno corrompere. In
fondo sarebbe abbastanza semplice se al posto degli istrioni che ci
"rappresentano" in Parlamento e negli Enti locali avessimo
delle persone normali. Queste potrebbero impegnarsi a modificare
leggermente il Comma 2, dell’art 1 della Costituzione scrivendo più
o meno questo: "La Sovranità APPARTIENE al popolo che la
ESERCITA come C… gli pare", partendo dall’introduzione dello stesso
concetto in tutti gli Statuti di Comuni, Province e Regioni. Ma questo
non avverrà mai finché il POTERE rimarrà ai partiti
politici. Eppure la Democrazia è esattamente ciò che disse
Abraham Lincoln: «GOVERNO DEL POPOLO, DAL POPOLO, PER
IL POPOLO». E come soleva chiudere Walter Cronkite,
uno dei più autorevoli anchorman USA (CBS Evening News) scomparso
in questi giorni: «E questo è il modo in cui stanno le
cose». Enzo Trentin p. Comitato per i diritti dei cittadini
Vicenza, mercoledì 22 luglio 2009
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Meno male che nel Belpaese si continua a strapparsi i capelli e cospargersi
il capo di cenere in quanto non ci sarebbe libertà di espressione
e di stampa. Proprio in Italia? la Nazione eletta dei conflitti
ideologici medievali provinciali secolari tra Guelfi e Ghibellini dai
quali Dante prese le distanze a suo tempo... e che continuano amplificate
nell'odierno paese che dovrebbe essere unito e parte di un'Unione
Europea ormai affacciata alla globalità che si finge per
questioni di comodo di non vedere? In Italia dove ognuno parla e sblatera
ad ogni angolo della strada e dalle pagine di un numero enorme di riviste
e quotidiani per stampare i quali vengono tagliate intere foreste utili
a produrre prezioso ossigeno per un mondo sempre più inquinato
non solo dall'anidride carbonica, ma da un vero e proprio diluvio universale
informativo dove si dice tutto e il contrario di tutto? E chi finisce
in galera, alla fine, nel Belpaese, per le proprie idee, qualunque colore
abbiano? Nessuno, mi pare, a differenza di altre nazioni del mondo targato
2009 dove per un semplice cenno o parola di dissenso, o per una lettera
di protesta o per essere parte di una manifestazione di opposizione,
si finisce in orrende carceri e anche condannati a morte. Qui, al
massimo si rischia di essere ignorati, nel peggiore dei casi, o di diventare
dei divi mediatici onnipresenti e superpagati nel migliore dei casi,
ma sempre recitando la parte ideologica delle vittime di un potere che,
alla fine, li promuove e li pubblica a volontà, e li fa ricchi
e ideologicamente potenti. Si parla tanto liberamente in Italia,
che si può anche scrivere e pubblicare su carta stampata o sul
web in modo minaccioso nei confronti di cariche istituzionali elevate,
a maggior ragione se nei riguardi di un nemico ideologico opportunamente
indicato, vedi Berlusconi, magari avvertendo di essere politicamente
in qualche modo protetti e difesi dalla parte politica che ha in odio
(è il caso di dirlo, a questo punto) sia il presidente del consiglio,
sia, evidentemente, il voto popolare democraticamente esercitato e la
democrazia stessa, unita al concetto di libertà, che, a quanto
pare, per un certo numero di persone, coincide con la libertà
di stampo cubano (e costoro non dimentichino mai che a Cuba sarebbero
comandati da un generale intoccabile, non criticabile e dittatoriale,...
e magari questi sono anche antimilitaristi...). La controprova
è semplice: immaginate la infinita contestazione mediatica
che sarebbe creata dagli esperti del settore se ad essere colpiti allo
stesso modo, con dirette espresse minacce di morte, fossero esponenti
dell'opposizione. Roba da Rivoluzione francese all'italiana. Personalmente
la penso come Dante (almeno questo ho imparato di buono ed utile in
una scuola troppo spesso inutile e anch'essa soggetta a profondo controllo
ideologico, diretto e indiretto) e non parteggio ne' per l'uno ne' per
l'altro schieramento politico. Faccio anch'io parte per me stesso, e
cerco di osservare le cose da un punto di vista imparziale. Tuttavia
debbo notare, e osservo anche direttamente e sulla mia pelle questo
fenomeno fin dal post-'68, che il mondo della cosiddetta cultura indirizzata
al 95% in un'unica direzione specifica, ha responsabilità non
da poco nella costituzione di un clima rissoso da attacco violento che
ci fa sembrare, più che in una nazione occidentale a democrazia
liberale, in una specie di paese da terzo mondo soggetto a "Rivoluzioni
Libertarie" inevitabilmente destinate a sfociare in nuove dittature,
come la storia insegna. Per fortuna, forse, facciamo anche in questo
caso parte dell'Europa, che dai nostri cortili e dai nostri campanili
è sempre una chimera lontanissima. Ma vogliamo scherzare? Qui
si tratta innanzitutto, e semplicemente, di EDUCAZIONE e RISPETTO per
qualunque avversario politico si confronti pubblicamente sulla realtà
delle cose FACENDO PROPOSTE ALTERNATIVE COSTRUTTIVE che vadano nell'interesse
del maggior numero possibile di cittadini, e non continuando ad alimentare
un clima rissoso inutile ed uno scontro permanente fine a se stesso
dove gli unici a guadagnare qualcosa sono i promotori, gli attori e
gli sfruttatori mediatici (di qualunque parte) dello scontro che può
raggiungere una sola meta finale: l'allontanamento di sempre più
persone dalla politica, in quanto basta semplicemente osservare i fenomeni
socioeconomici in modo scientifico, per capire come governare non sia
facile per nessuno, e fare proposte alternative valide in un mondo che
è molto diverso da quello di 20-30-40 anni fa sia ancora più
difficile. Francesco Martin cittadino europeo
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