VILLA DEI VESCOVI

Testori Passione & passioni
Le opere amate dal cantore del martirio. Nel tormento i segni della sua religiosità
Il filo conduttore
Maestri del passato e del Novecento accomunati dalle stesse ansie esistenziali e da una paura indefinita
L'antica gemma
Il quadro più prezioso è il «Ragazzo morso da un ramarro» di Caravaggio, dalla collezione privata di Longhi 

Gli piaceva indagare l'indecifrabile zona oscura dei suoi artisti, pittori e scultori che trattava molto confidenzialmente. Da fratello, amico, compagno di «banda o confraternita», come scrisse il suo biografo Fulvio Panzeri. Amava cogliere nelle opere dei suoi pupilli i momenti in cui la carne, sublimata sulla tela, appare debole, martoriata, corrotta da indicibili agonie. Era attratto dal tormento esistenziale, dai perdenti, dalle livide tonalità del disagio.
Lui, a sua volta, l'eccentrico Giovanni Testori, il drammaturgo, giornalista, critico d'arte per il Corriere della Sera e grande poeta, scomparso a Milano nel 1993, ebbe il coraggio di fare scelte estreme e sempre controcorrente.
Era convinto che solo nella caduta mortale, nel momento del buio assoluto, l'uomo potesse ritrovare il senso autentico e sacrale della sua esistenza. Detestava l'astrazione e i voli pindarici, aveva un pessimo rapporto con Cézanne e Picasso, colpevoli di affossare l'arte sotto sciagurate ideologie e credo politici, amava invece fino allo spasimo la pittura di realtà, quella fatta di ombre e colori che portano il peso funesto della carne animale.
Di Willy Varlin, il pittore svizzero che considerava tra i maggiori ritrattisti del '900, secondo solo a Francis Bacon, stupefacente nel restituire lo sguardo grigio tagliente e visionario del maestro, Testori lodava di Varlin «la disperata, attorcigliata e franante visione del mondo».
Ma più ancora lo prendeva l'enfasi con cui Francesco Cairo dipingeva estasi religiose e raccapriccianti decapitazioni. Aveva una fissa per le Erodiadi (per tre volte scrisse un pezzo teatrale sul personaggio: «Erodiade», del 1968, «Erodiade seconda» del 1984, ed «Erodiàs», il secondo monologo dei «Tre lai», sulle scene nel 1992), per le Maddalene in pose estatiche e le teste recise di san Giovanni Battista.
Quella del Cairo la volle nella sua collezione personale accanto ad altre seicentesche teste mozzate e ad alcuni teschi dell'amico di una vita Ennio Morlotti, realizzati alla fine degli anni Settanta. Cairo, che fu il tema di un saggio pubblicato nel ' 52 su «Paragone», la rivista del suo maestro indiretto Roberto Longhi, faceva parte del gruppo degli eletti, i cosidetti «pestanti» - parola chiave del vocabolario testoriano assimilante nella radice il dramma della peste e la pietas religiosa - che comprendeva altri temperamentosi realisti del Seicento lombardo come Tanzio, Cerano, Morazzone e Daniele Crespi.
Questi e altri artisti amati dal critico milanese sono al centro di una suggestiva mostra curata da Claudio Spadoni per il Museo d'arte della città di Ravenna, a pochi metri dai meravigliosi mosaici di sant'Apollinare Nuovo, un titolo che già funge da mappa: «Caravaggio, Courbet, Giacometti, Bacon. Miseria e splendore della carne: Testori e la grande pittura europea».
Oltre cento le opere esposte, selezionate dal curatore fra quelle più amate e indagate dallo studioso, mettendo a fuoco maestri del passato e del ' 900 accomunati dalle medesime ansie esistenziali. E da una paura indefinita. Come chiamare altrimenti il malessere esalante dalle scabre pareti erose dal tempo di Mario Sironi o quei lampi negli occhi corrucciati del celeberrimo «Ragazzo morso da un ramarro» del Caravaggio, senz'altro il pezzo più ambizioso dell'esposizione ravennate?
È un quadro che apparteneva alla collezione personale di Longhi e sotto cui Testori ricordava di aver dormito sonni agitati, ospite nella casa del maestro.
Alla realizzazione della mostra hanno collaborato musei, fondazioni e istituzioni, collezionisti privati.
Nel comitato scientifico figurano storici dell'arte prestigiosi come Mina Gregari, Antonio Paolucci, Andrea Emiliani.
«Il percorso - spiega Claudio Spadoni -,
ricostruisce il mondo delle passioni, sempre vissute di pancia, in maniera viscerale, dallo scrittore e portano impresse come marchio indelebile il segno della sua rigida educazione cattolica»". Passioni che furono piuttosto precoci.
Testori non ha ancora vent'anni quando, nel 1942, pubblica il suo primo volume d'arte: «Manzù. Erbe». Manzù un tormentato?
Risponde Spadoni: «In queste carte, che altri avrebbero liquidato come una produzione minore del grande scultore, Testori invece indovina un fremito, una tensione che lascia indovinare un rapporto di forte spessore con la natura e un talento speciale nel cogliere la realtà». Lo stesso talento che contraddistingue ogni scelta: Matisse che nelle sue matite contraddice il santino di «pittore della gioia di vivere», il vecchio Guttuso che si dipinge di spalle nel giardino di Velate, Courbet, che distoglie l'occhio sulla realtà, per farsi l'autoritratto, i ricci neri spettinati e l'occhio gaudente, mentre fuma voluttuosamente tabacco.
E che dire di Giacometti, capace di cogliere l'anima segreta dei personaggi negandogli la bellezza della carne fino alla cancellazione?
Melisa Garzonio
Corriere della Sera, 17 Febbraio 2012, pag 46

Una Mostra a Ravenna
**** La rassegna
Da Caravaggio a Bacon, in cento dipinti esposti al Museo d'Arte gli incubi e le angosce di un poeta che raccontò in modo viscerale le ferite della vita terrena
**** La guida
Fino al 17 giugno 2012 il Museo d'Arte della città di Ravenna (via di Roma 13) ospita Miseria e splendore della carne - Caravaggio Courbet Giacometti Bacon... Testori e la grande pittura europea, mostra dedicata ai vari periodi della storia dell'arte studiati dal critico milanese e agli artisti da lui amati e collezionati (sopra, «Teschio» di Ennio Morlotti). Il catalogo (344 pp, 34 Euro) è pubblicato da Silvana Editoriale.  
Per informazioni: tel. 0544/ 482035, www.museocitta.ra.it 
**** Il luogo in cui il teatro è vero teatro
(...) risiede in una specifica, buia e fulgida qualità carnale e motoria della parola.
**** La vita
Nato a Novate Milanese il 12 maggio del 1923 da una famiglia di provata fede cattolica, in un primo momento Giovanni Testori collabora con alcune riviste, dedicandosi alla critica dell'arte contemporanea, per poi arrivare a esprimere la sua sfaccettata vocazione artistica diventando anche pittore, scrittore, poeta, regista e attore. Viene scoperto nel 1954 da Elio Vittorini, che pubblica «Il dio di Roserio», mentre il teatro entra nella sua vita nel 1960 («La Maria Brasca»).
Le sue opere sono caratterizzate dallo sperimentalismo, dalla rottura dei consueti equilibri linguistici e dalla rappresentazione di un'umanità dolente, tra degrado, trasgressione e introspezione religiosa. Muore a Milano nel 1993.
L'Associazione Giovanni Testori Onlus (www. associazionetestori.it) è nata nel 1998 per tutelare e valorizzare, attraverso eventi, mostre e conferenze, il Fondo Testori, che comprende le sue opere letterarie, quelle pittoriche (oltre 1.100) e le interviste. Il corpus è consultabile anche attraverso il sito www.archiviotestori.it

 

 

Indietro || Home